Senza auto. Nel centro di Bologna (piazza del Nettuno) a piedi e in bicicletta. Gli italiani si adeguarono al divieto di circolazione per risparmiare carburante durante la crisi petrolifera (Ansa)
Fosse stato presente a Napoli, Gabriel Garcia Marquez invece che L’amore ai tempi del colera avrebbe probabilmente scritto un romanzo di diversa impronta e più pertinente titolo: "L’Italia al tempo del colera". Nessuno ne ha memoria, se non chi ormai ha i capelli grigi, ma nell’anno di grazia 1973 il Belpaese ha dovuto fare i conti con l’insorgere di una malattia che sembrava debellata per sempre, retaggio di un passato molto lontano. Invece no, il 28 agosto, sotto il sole infuocato di una estate torrida, da Napoli parte l’allarme: c’è il colera. I ricoveri si moltiplicano, l’allarme cresce in tutta la penisola, nuovi casi vengono segnalati a Bari e perfino in Sardegna. Sotto accusa le cozze, ma è al degrado vergognoso di tutta l’area napoletana che andrebbe imputata una epidemia che dura venti giorni e fa una cinquantina di vittime.
Non ci voleva, il colera. Il Paese attraversa un momento difficile e sono proprio i mesi dell’estate a essere segnati da maggiore criticità. La lira perde potere d’acquisto e in parallelo la speculazione fa sparire molti beni di consumo quotidiano. Manca perfino il pane, perché i fornai dicono che non ci stanno con le spese. Il governo corre ai ripari con misure che lasciano il tempo che trovano. Il 24 luglio viene decretato il blocco dei prezzi per 21 generi di prima necessità. Qualche negoziante fa il furbo? «Chiama il governo» è il messaggio rassicurante dei manifesti affissi in tutta Italia, con un numero ad hoc per ogni provincia. Un numero di telefono contro la legge della domanda e dell’offerta: ingenuità, sprovvedutezza o sostanziale ammissione di impotenza?
Non si potrà purtroppo chiamare Palazzo Chigi davanti alla vertiginosa impennata dei prezzi dell’autunno ormai imminente. L’innesco – perché di vera bomba economica si tratta – viene dal Medio Oriente, dove il 6 ottobre Egitto e Siria attaccano a sorpresa Israele per riprendersi i territori perduti nel 1967. È la guerra del Kippur.
Gli assalitori vengono rapidamente respinti, ma i Paesi arabi produttori di petrolio decidono di usare l’arma dell’oro nero per riuscire là dove gli eserciti hanno fallito e annunciano il taglio della produzione petrolifera del 5 per cento al mese fino a che Israele non si ritirerà. Il mondo occidentale non rischia in realtà di rimanere a secco, ma la speculazione coglie la palla al balzo e il prezzo del barile va alle stelle. Per contenere l’onerosissima bolletta petrolifera l’Italia vara il 23 novembre misure da choc come le domeniche senza auto.
Altra ingenuità: l’autotrazione assorbiva meno del 10 per cento dei consumi petroliferi, tagliare 52 (tante sono le domeniche) 365esimi (tanti sono i giorni di un anno) di un 10 per cento di qualcosa fa... Faccia i conti chi è capace, ma è pochissima cosa, quasi nulla.
La guerra del Kippur ci ha portati all’estero. Rimaniamoci con un salto all’indietro a gennaio. È il 27 quando a Parigi vengono firmati gli accordi che dovrebbe portare alla fine del conflitto vietnamita, o almeno al ritiro degli americani dopo 13 anni, perché il governo di Saigon continuerà a combattere fino al 1975. In un altro continente, il Sud America, il 1973 segna invece la fine del governo di Unidad popular in Cile: l’11 settembre l’assalto dei golpisti di Augusto Pinochet al palazzo presidenziale provoca la morte del presidente Salvador Allende e l’inizio della dittatura militare..
Torniamo in Italia. Un grave attentato davanti alla questura di Milano provoca 4 morti e una cinquantina di feriti. È il 17 maggio, anniversario dell’assassinio del commissario Luigi Calabresi. Ad agire è stato il presunto anarchico Gianfranco Bertoli, e forse la vittima designata era il presidente del consiglio Mariano Rumor. È vera strage quella del 17 dicembre a Fiumicino: un commando palestinese spara, prende ostaggi, penetra in un aereo della Pan Am. Le vittime sono 30, tra loro un agente di polizia italiano. Un anno incominciato con grandi speranze di pace grazie agli accordi di Parigi si chiude sotto l’incubo della violenza cieca e incontrollabile che non guarda ai confini degli Stati.
È quello che Avvenire deve registrare e denunciare puntualmente, mentre continua la sua attenzione alla realtà dell’Italia e della Chiesa che è in Italia, per la quale un evento importante è la pubblicazione della versione definitiva del Messale romano nella nostra lingua. La prima copia viene presentata a Paolo VI il 17 marzo.
Il giornale intanto lancia a maggio le edizioni domenicali. A cura di alcune diocesi compaiono pagine locali inserite nell’edizione nazionale. L’iniziativa troverà ampi sviluppi negli anni successivi.