«Tutta la casa si riempì dell'aroma di quel profumo» (Gv 12,3). Sembrerebbe un'informazione inutile, questa sull'impatto del profumo di nardo puro che Maria utilizzò per ungere i piedi di Gesù, quando con Lazzaro e Marta lo accolse nella sua casa. L'annotazione del Vangelo richiede tuttavia di essere custodita nel cuore, poiché trasferisce tutta la scena a un livello più intimo. Il profumo ci parla dei piccoli gesti d'amore senza i quali noi non siamo; ci enuncia l'alfabeto della bellezza e il suo eccesso, più espressivo di qualsiasi parola; ci dice che la vita è odorosa, ha mille esalazioni; la vita trasuda, traspare, si riversa. Il gesto di Maria ci ricorda quella segreta evidenza che gli oranti sono chiamati a scoprire: che l'orazione non si esaurisce nell'esposizione dei nostri bisogni, ma deve rendere visibile il nostro desiderio; che non può limitarsi a un discorso sul pane, legato alla nostra lotta per la sopravvivenza, ma deve aprirci alla contemplazione delle rose. Sa Dio se abbiamo bisogno di pane, ma anche di rose. La preghiera è puro profumo quando accetta di essere gratuita e non s'impiglia nei perché e nei percome.