Progettiamo, programmiamo con enorme e continua alacrità. Il razionalismo moderno cresciuto sul rifiuto delle culture religiose e della loro saggezza si occupa del futuro e lo vede esclusivamente come prodotto di una volontà costruttiva consapevole. Una tale visione ipotizza e presuppone un controllo scientifico della realtà totale del presente in rapporto al futuro. Si tratta però di un'illusione di cui comunemente ci sfugge il carattere illusorio. È il produttivismo economico-industriale a imporre una tale visione del mondo come un dogma. La cosa singolare è che sia toccato alla fantascienza letteraria e cinematografica un compito essenziale come la critica della scienza e l'immaginazione razionale delle conseguenze future del nostro modo di essere e del funzionamento delle nostre società. Sta accadendo e recentemente è accaduto che il programmare abbia inibito o escluso la capacità di prevedere. I fanatici più o meno ingenui della biotecnologia si entusiasmarono per la clonazione di una pecora, ma come è possibile che nessuno si sia chiesto che cosa sarebbe successo se un virus sconosciuto di origine animale avesse all'improvviso attaccato l'uomo? Personalmente credo che ciò che chiamiamo realtà sia sempre, almeno in parte, imprevedibile. Va detto comunque che le scienze nel loro insieme si rivelano troppo spesso al di sotto del potere di previsione che si attribuisce loro. Gli scienziati più consapevoli, dotati di spirito critico e investiti di autorità pubblica, restano una ristretta minoranza, mentre la loro maggioranza si mostra passivamente dipendente dai poteri economici e politici. Sono il mercato e lo stato a decidere quali tipi di ricerche finanziare e quali no, in tutti i campi, dalla sociologia alla biologia, dalla ingegneria alla medicina. Si immagina un'umanità padrona del proprio destino e in grado di compiere libere scelte nella “creazione” del proprio futuro. Ma quelle scelte sono tutt'altro che razionali e affidabili: soprattutto vengono compiute in larghissima misura da élite burocratiche, tecnocratiche e affaristiche che si guardano bene dal sottoporre i loro progetti e programmi a discussioni e decisioni democratiche. Le decisioni delle imprese industriali hanno effetti su tutta la società (la pubblicità domina anche nella cultura) eppure vengono prese senza che la società possa interferire. I cittadini, prima che come cittadini, vivono come consumatori. Il conflitto fra logica democratica e capitalismo è lampante, ma si fa di tutto per occultarlo.