Quegli articoli presidenziali non sono questione di lana caprina
Caro direttore,
martedì 25 ottobre, ho letto gli editoriali di Antonella Mariani e dell’ottimo Ferdinando Camon – peraltro in buona compagnia sulla stampa nazionale – sul dilemma: “il” Presidente o “la” Presidente? Mi perdonino le due firme di “Avvenire” ma, bonariamente, mi viene da dire: non c’è un modo migliore di impegnare il proprio talento che non in questioni risibili magari poi fatte passare da qualcuno per dispute ideologiche sul “gender”? Da ragazzi abbiamo cercato di far perdere tempo ai professori – che divertiti ci stavano – con la famosa questione: “la” sentinella o “il” sentinella, o forse meglio ancora “il sentinello”? Per non dire poi della guardia, pur non avendo alcun dubbio a dire “il” guardiamarina. Se Meloni desidera una cosa, e i giornalisti a vario titolo un’altra, propongo di scrivere, come sui moduli burocratici: “il/la Presidente” o meglio, *l*Presidente. E ognuno se lo legga come vuole. Cordialmente come sempre.
Alessandro Fumagalli
Un abbonato come lei, caro amico, sa bene che ci appassionano assai poco le questioni di lana caprina (l’espressione “lana caprina” per dire di cosa banale e di poco valore, come era considerata un tempo la lana delle capre, è entrata nel parlar comune per il nobile tramite del poeta latino Orazio). Questa, infatti, non è solo una questione di articoli accessori, ma di abito mentale e di rispetto sostanziale della diversità uomo-donna. Le parole che usiamo impregnano la realtà e a volte la cambiano, in peggio o in meglio. Per fortuna, poi, siamo in democrazia e il regime anche solo linguistico è appena il ricordo di un Ventennio ormai lontano. Comunque la pensi, scriva e parli chi sta alla guida del governo, cittadini e giornalisti non sono tenuti a obbedire rinunciando a pensare. Per questo avendo avuto due proposte interessanti dalla mia collega caporedattrice centrale e da un gran collaboratore sulla decisione di Giorgia Meloni di farsi chiamare “il Presidente” ho deciso di far scrivere entrambi. E a sera, ho “passato” (come diciamo in gergo noi giornalisti, ovvero ho letto valutato, predisposto per la pubblicazione e titolato) entrambi i testi proponendo un “visto da lei” (giornalista e studiosa delle questioni di genere) e un “visto da lui” (scrittore) a mio parere utili e preziosi. Convergenti. Su “Avvenire” usiamo l’articolo femminile per la signora Presidente. Quando la incontrerò di persona però la saluterò così come lei vuole essere chiamata, per rispetto della sua volontà (evitando, però, se possibile l’articolo!). Lei, nella sua lettera, condisce tutto di ottima ironia, e apprezzo anche questo. Perciò le do spazio e replico pubblicamente. Con una sola nota finale: attento all’uso degli asterischi, qualche fissato (di opposto e aspro parere) sulle questioni del cosiddetto “gender”, che lei poche righe prima evoca, potrebbe prenderla malissimo o, al contrario, troppo bene... Un grazie cordiale come la sua amicizia.