Opinioni

Un deputato cattolico che non si ricandiderà. Ma fare politica non è «niente»

Mario Sberna* venerdì 20 ottobre 2017

Caro direttore, le scrivo da Brescia, dove domenica 15 ottobre 2017 si è concluso il primo Festival della Missione, cui anche lei ha dato prezioso contributo sia con la sua personale presenza sia attraverso la copertura dell’evento dalle colonne di Avvenire. Sono grato agli organizzatori e con me certamente lo sono le migliaia di persone che hanno partecipato, insieme a missionari e missionarie, a quattro giorni appassionati, intensi, spirituali, ricchi e fecondissimi.

I temi – e le testimonianze – della tratta delle schiave, della missione a cominciare da qui, nella 'nostra' Gerusalemme, dell’economia che uccide, della cooperazione internazionale fatta di ponti e non di trattati che recintano le persone nei lager, di una politica cioè a servizio dell’uomo, di tutto l’uomo e di tutti gli uomini, sono stati coinvolgenti, spesso commoventi, sempre interessanti.

Già, la politica e i cattolici in politica. Come sono legati i temi della Missione con quelli della politica! Se ne è parlato durante il Festival missionario e su Avvenire si legge spesso (e in queste settimane spessissimo) di cattolici in politica e di politica capace di 'rendere vita' i valori cristiani.

Si dice altrettanto spesso dei cattolici in politica che sono pochi e ridotti al ruolo di semplice testimonianza. Semplice? Nella Evangelii nuntiandi del beato Paolo VI – mi auguro prestissimo Santo – questa semplicità è il fulcro: il mondo ascolta i testimoni, perché essi attestano con la loro vita Chi hanno 'visto' e udito. Credo sia per questo che il Pontefice bresciano, ben conoscendo quella coerenza e quella confessione di fede fatta vita quotidiana in Parlamento dal fratello Lodovico e dal padre Giorgio, ma anche da De Gasperi, La Pira, Moro e tanti altri, definì la politica come «forma alta di carità».

Ma oggi, caro direttore, che ne è di questi grandi insegnamenti? Le racconto un aneddoto realmente accaduto in una parrocchia, la mia parrocchia, nel giorno del Signore 15 ottobre 2017. Il sacerdote nell’omelia si sofferma sull’abito nuziale; porta come esempio alcuni luoghi o situazioni nei quali l’abito fa la differenza. In Parlamento, per esempio, dice, si entra solo in giacca e cravatta. E chiede a un bambino: sai cosa fanno i parlamentari? Risposta del bambino: «Niente!». Scatta un fragoroso applauso in tutta la chiesa, la sacrista si alza in piedi sull’altare e batte vigorosamente le mani ridendo di gusto, così come tutti i partecipanti alla Messa domenicale. Amici, conoscenti, ci abito da quando sono nato, conosco tutti e tutti conoscono me e mia moglie e i nostri (di questi tempi da considerare numerosi) figlioli: tutti ridono e battono le mani. Ovvio che riguarda anche me: cinque anni a far niente… Poi penso, forse per rendere meno cocente e amaro l’accaduto: se tutti i sacerdoti di tutte le parrocchie italiane domenica avessero posto la medesima domanda a un bambino in chiesa durante la spiegazione della parabola sul Regno dal Vangelo secondo Matteo, tutti i bambini avrebbero risposto: «Niente!»? Ho paura di sì. E una risata fragorosa e collettiva dei convenuti al banchetto del Re sarebbe risuonata in tutte le chiese di tutto il Paese? Ho paura di sì. E dunque a quei bambini – come genitori, familiari, educatori, sacerdoti – stiamo dicendo, ormai da anni: la politica, e i cattolici in politica per immediata e diretta conseguenza, sono niente.

Da alta forma di carità a nullità. Riusciamo, come Chiesa, a farci qualche domanda alfine? Caro direttore, io lascio la politica tra pochissimo e tornerò nel mondo missionario e dell’associazionismo familiare da cui provengo e di cui sento tanta nostalgia. Ho svolto un’esperienza politica che non volevo, non ho chiesto, ho accolto; che non ha cambiato la mia vita, ma mi ha dato la possibilità, per quel poco che ho saputo e potuto, di cambiare qualcosa in meglio e in bene la vita degli altri. Però, se mai mi verrà data l’opportunità, non mancherò di richiamare l’importanza, il valore, la necessità di una presenza testimoniale di cattolici in politica, pur se, lo so già ora per allora, una risata mi seppellirà. Oppure no: forse se ricominciamo tutti e subito – Avvenire lo fa – a formare, informare con verità, operare («Tutti all’opera!»), aiutare, unire, collaborare per una politica del bene comune, chissà, forse nessun bimbo risponderà più «Niente!». Speriamo.

*Deputato di Democrazia Solidale