Agguato in Congo. Vittorio, il carabiniere generoso
Vittorio Iacovacci
«Questa è una comunità piccola, ci conosciamo tutti e ci stringiamo attorno alla famiglia di Vittorio, che era andato in un Paese lontano a portare la pace. Proclameremo il lutto cittadino il giorno dei funerali». Così Luciano De Angelis, sindaco di Sonnino, paese di 7mila abitanti sulle colline che digradano verso il Circeo, commenta la notizia della morte in Congo di Vittorio Iacovacci, che a Sonnino era cresciuto, prima di arruolarsi nei Carabinieri.
Nella frazione di Capocroce, in una casa di campagna poco distante dall’antica Abbazia di Fossanova ultima dimora di san Tommaso D’Aquino, vivono i genitori di Vittorio, il papà operaio e la mamma casalinga, un fratello e una sorella. In questo borgo il giovane carabiniere, che avrebbe compiuto 31 anni tra un mese, fidanzato, sarebbe tornato a giugno per alcuni giorni di ferie, al termine della sua prima missione all’estero. E qui la notizia della morte ieri mattina è stata portata dal comandante della compagnia dei carabinieri di Terracina, Francesco Vivona.
La perdita del carabiniere Vittorio Iacovacci «ci colpisce profondamente. Siamo vicini al dolore dei suoi familiari ed analoghi sentimenti vanno alla famiglia dell’ambasciatore e dell’autista che hanno perso la vita nella stessa circostanza. Un gesto vile che ci lascia sgomenti. I carabinieri ancora una volta pagano un prezzo altissimo per il loro servizio fatto di impegno e di sacrificio a difesa dei cittadini e delle istituzioni, in Italia e all’estero» ha detto il comandante generale dell’Arma, Teo Luzi. Tra i primi a contattare gli Iacovacci anche il vescovo di Latina, Mariano Crociata: «È una famiglia distrutta, sono straziati per la perdita del figlio. Il padre è anche febbricitante, la mamma quasi non ha la forza di parlare. Tutta Sonnino si è stretta attorno a loro e il parroco dirà subito una Messa per Vittorio.
Ora la famiglia vuole sapere come sono andati i fatti e quando torneranno le spoglie del figlio. C’è da sperare che le cose non siano troppo difficili e che quindi possano essere date anche queste consolazioni elementari in breve tempo. La speranza cristiana ci sostiene nel superare la prova da attraversare con tutta la lacerazione che porta. È un fatto che sconvolge – aggiunge il presule – e che porta alla ribalta drammi e situazioni più grandi di noi, con tanti giovani che si dedicano a servizi così delicati, nonostante la consapevolezza del rischio e contribuiscono alla vita collettiva in un cammino di pace.
Come credenti sentiamo la prossimità, la preghiera per dare un senso di serenità e speranza per chi vede nella fede un futuro più grande. Ci sono anche delle responsabilità: mentre l’Onu e Paesi come l’Italia cercano di essere presenti per pacificare, ci sono potenze economiche e politiche che direttamente o indirettamente alimentano divisioni lacerazioni, terrorismo, guerre che non finiscono mai e che vanno a scapito di innocenti che cercando di dare il loro contributo di pace».
Il paese natale Vittorio lo aveva lasciato 5 anni fa, per seguire un primo periodo di corso formativo alla Scuola allievi carabinieri della caserma Trieste, a Iglesias. Da qui, Iacovacci era stato destinato al XIII Reggimento di Gorizia, dopo un passaggio alla Folgore e un ulteriore brillante periodo di addestramento al Gis; quindi l’assegnazione alla squadra di close protection e la sua prima destinazione all’estero, nella delicata sede di Kinshasa, che aveva raggiunto nel settembre scorso, per fare da scorta dell’ambasciatore Luca Attanasio e da dove appena poteva si metteva in contatto con i suoi familiari a Sonnino.