Congresso del laicato cattolico
Se la Secolarizzazione querelasse per diffamazione il Discorso Pubblico dei credenti, potrebbe guadagnare un risarcimento enorme. Le si danno meriti che non ha (la domenica di Elly Schlein, un milione di persone è andata ai gazebo e sette milioni a messa) e le si danno delle responsabilità – povera stella – che non porta: inclusa la responsabilità dell’analfabetismo religioso che flagella il nostro Paese, le comunità di fede, le chiese.
La perdita di codici spirituali di lettura del sé e della storia, infatti, non è l’esito di una decrescita felice della partecipazione al culto, ma – almeno nella comunità cattolica – il prodotto inevitabile di una diserzione intellettuale e di una resa davanti alla poltiglia spiritualista. Questo processo ha molti fattori (come il calo della quantità e qualità della formazione teologica, il chiudersi delle comunità di lettori e militanti ai propri stendardi identitari) che sono l’agenda del sinodo. E ha uno specchio fedele, che è l’editoria religiosa.
Un mondo che non può essere capito se lo si divide, come fa il recente rapporto Uelci commentato qui da Vigini, fra editoria “cattolica” ed editoria religiosa “laica” (con disortografie insopportabili: per cui la valdese Claudiana diventa cattolica, e l’ebraica Giuntina diventa laica). Esso va interpretato sforzandosi di capire (come dirlo?) il modo d’essere, la condizione interiore, l’esigenza profonda di quei credenti o ex credenti le cui letture, piaccia o non piaccia, decidono del tenore culturale e spirituale della società nel loro insieme.
Era la lettura di questa condizione o esigenza che spingeva nel Novecento gente come padre Agostino Gemelli e monsignor Giovanni Battista Montini, Luigi Bazoli o Rienzo Colla, Giuseppe Scarpat o padre David Maria Turoldo, padre Rosino Gibellini e don Antonio Balletto (per dirne alcuni e non citare Carlo Papini o Daniel Vogelmann) a investire una parte della loro passione intellettuale e spirituale nell’editoria religiosa colta. Ed è la lettura di questa condizione o esigenza oggi che dice che il paesaggio frammentario e frammentato di quel segmento del mondo dei libri non risponde a un passaggio generazionale pieno di promesse e difficoltà.
Chi credeva che le acquisizioni dell’aggiornamento giovanneo fossero per sempre, si rende conto che o la nuova generazione di cattolici e futuri ex cattolici si riappropria del Vaticano II o torna allo statu quo ante: ritualismi pizzuti, ecclesiologie verticali, ignoranza biblica, e perfino antisemitismo. Lì abita una comunità di lettori che cerca meno un’intelligenza del testo rappresentata dalla Bibbia “di Gerusalemme” e si accontenta di tascabili da tenere chiusi; anziché comprendere la liturgia si affida a poltiglie spirituali post-adolescenziali; e anziché nutrirsi della tradizione patristica, si dota di un cilicio di carta fatto di Vatileaks e quella che il papa chiama coprofagia informativa. L’impatto del web è enorme e un censimento dei siti dove il tradizionalismo si vendica dei torti subiti, mitragliando accuse di eresia sul papa rafforza il lento incamminarsi di ciascuno verso il proprio angolino teologico-culturale: dove si parla un gergo preciso e dove il mercato lo fanno le ospitate tv.
Il punto, dunque, non è fare un argine di sabbia davanti al mare: perché la logica della resistenza, le pratiche consolatorie della sovraproduzione, la competizione su autori di libroidi da dimenticare, porterà solo a una teoria lenta di fallimenti opachi, di crisi mal pilotate, di deperimenti dei cataloghi. Il punto è fare una barca: senza federalismi, senza intellettualismi, senza ingenuità, senza illusioni, senza imperialismi, senza convocazioni d’autorità, senza strumentalizzare l’autorità apostolica, senza ipercorrettismi.
In questo tempo, il lusso di far da sé se lo possono permettere solo i ricchi, i ciechi e i ricchi ciechi: quelli che credono di dover difendere un blasone e non chiedersi come una interiorità meno vuota, una pietà più soda, una catechesi meno arrugginita possono servire a tenere accesa la fiammella della speranza in una società serena davanti al rischio una o due guerre atomiche e invece molto preoccupata di poveri Cristi (nel senso tecnico di Mt 25) che attraversano il mare e, scortesemente, non annegano.
L’alternativa al lusso è la responsabilità: per navigare essa ha bisogno di fiducia, di capitali, di management, di contenuti – ma deve essere costruita prima, all’asciutto; e se i dati che dicono che il mercato dell’editoria religiosa tout court si è dimezzato in 12 anni, vuol dire che bisogna farlo presto, per non ritrovarsi alla corte nella parte dei giullari bigotti o antibigotti.
Presidente de “Il Portico editoriale”, societàproprietaria dei marchi Edb e Marietti 1820