lunedì 15 luglio 2013
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Qualunque altro mezzo provvede a uno spostamento, ma solo i piedi permettono il viaggio. Questa parola è nobile per me e non coincide con nessuna agenzia. Viaggio è l’attraversamento di deserti da parte dei nuovi migratori, viaggio spetta al pellegrino che si avvia verso la sua destinazione. Viaggio è anche la breve gita di un giorno di chi sale in montagna, a due o a quattro zampe. Le terre emerse sono state esplorate da uomini in cammino. Per me l’andatura a piedi, calzati o no, è la visita del mondo. I passi hanno fornito lo strumento di misurazione a popoli pratici e piede è per i greci e i latini la parte di una strofa. Da qualche parte ho scritto un elogio dei piedi perché sono la parte operaia del nostro corpo più delle mani. Preferisco il cammino solitario in montagna per raggiungere una parete che desidero scalare. Mi piacciono quelle lontane dalle strade, perciò poco visitate. Mi piace andare verso di loro, metterci tempo. Gli alpinisti chiamano avvicinamento il percorso verso la parete. Per me è un allontanamento dal punto di partenza, da dove lascio il mezzo di trasporto. Mi procuro distanza, fino a raggiungere una cima, estremità dell’allontanamento. Lì la fisarmonica del viaggio è tutta aperta e da lì inizia il movimento opposto che la chiude. A sera di ritorno dal giro, lavo e strofino i piedi con un po’ di spirito gallico e tornano nuovi. In Nepal sono stato un paio di volte e ho goduto delle tappe giornaliere a piedi nel pellegrinaggio verso le più alte montagne della Terra. Camminare in città invece non mi riesce, si spezzetta il sentiero tra cumuli di intralci e il ritmo s’inceppa. Oggi da noi si invita a camminare per aiutare il corpo a mantenersi sano. Una dietetica garantisce calorie incendiate attraverso l’abitudine di andare a passeggio. Oggi si cammina per esercizio, senza necessità di spostamento. Il tappeto mobile è l’immagine più imbarazzante della condizione del passante: percorrere chilometri su un nastro nella propria stanza. I piedi hanno smesso di servire al viaggio, sono diventati quelli dei prigionieri all’ora d’aria. Questo assomiglia a chi preghi per esercizio di preghiera, ma senza un destinatario delle sue parole. Non credo che i piedi da noi stiano tornando a una dignità. Gli antichi offrivano acqua per lavarli al viandante. Li onoravano perché erano preziosi. La dignità è legata al valore d’uso. Li onorano di più le donne che salgono sui trampoli dei tacchi e così almeno li arredano.<+copyright>
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