domenica 24 agosto 2014
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In epoca moderna ha preso corpo un interessante topos sulla figura di Gesù, che consiste nell’operare un confronto tra lui e Socrate. Questa operazione, implicita già in Erasmo da Rotterdam, 1 viene successivamente esplicitata e attestata in vari autori, di cui è un esempio J.-J. Rousseau col suo romanzo pedagogico Emilio, del 1762, dove si legge: «Se la vita e la morte di Socrate sono di un saggio, la vita e la morte di Gesù Cristo sono di un Dio». Il confronto acquista maggiore spessore in Hegel. Secondo qualche interprete, nella sua Vita di Gesù, del 1795, la presentazione di Gesù e del suo messaggio richiamerebbe la figura di Socrate, in quanto anche il Nazareno connoterebbe la sua dottrina secondo i princìpi della ragione filosofica e della coscienza morale. Certo è che già nello scritto Religione popolare e cristianesimo, del 1794, e precisamente nel Frammento 2, Hegel aveva stabilito un accostamento esplicito tra i due, o meglio tra i discepoli dell’uno e quelli dell’altro a tutto vantaggio dei socratici (Socrate «non aveva alcun modello secondo cui forgiare il loro carattere... Ognuno dei suoi scolari fu maestro per sé... Nessuno dovette abbandonare casa e paese»), notando anche la differenza tra Socrate e Gesù a proposito dell’atteggiamento di fronte alla morte (Socrate «morì da greco»!). Non mancano poi pubblicazioni più recenti su di un dichiarato paragone tra i due. Persino su Google si può trovare il blog di un laboratorio filosofico, Briciole di filosofia, in cui si accosta Gesù a Socrate, tanto da scoprire tra i due ben nove somiglianze così elencate: (1) Sia Socrate che Gesù non hanno mai scritto nulla, la loro vita, la loro morale e la loro religione ci sono state filtrate da altri scrittori. (2) Socrate e Gesù hanno vissuto in povertà, applicandosi, nella loro esistenza, nel dialogo e nella pedagogia del popolo. (3) Sia Socrate che Gesù non si occupano di filosofie metafisiche ma dell’uomo, insegnando rispettivamente a vivere secondo la virtù e secondo l’amore. (4) Sia Socrate che Gesù invitano l’uomo al rispetto delle leggi terrene. (5) Ambedue sono stati condannati a morte per motivi meramente politici. (6) Ambedue sono morti precocemente e ingiustamente, il che sarebbe il punto in comune più forte tra i due («Le loro figure non avrebbero avuto la stessa fortuna letteraria se fossero morti di vecchiaia o per un’overdose di barbiturici »). (7) Sia Socrate che Gesù vanno incontro alla morte senza paura, anzi sembra quasi che l’attendessero con impazienza, fiduciosi che la vita nell’aldilà sia migliore di quella nell’aldiquà. (8) Ambedue, dopo la propria vita, hanno ispirato sètte e religioni (quella ispirata da Socrate è la religione interna all’Accademia, che è esistita fino al VI secolo d.C.). (9) Sia Socrate che Gesù sono stati gli iniziatori di un movimento ideologico- culturale che ha portato allo sgretolamento delle società in cui essi sono vissuti (rispettivamente con la rottura del connubio tra apollineo  e dionisiaco, almeno secondo Nietzsche, e con la proclamazione dell’uguaglianza tra tutti gli uomini, compresi gli schiavi). Naturalmente è ben possibile elencare tra i due una serie di differenze, che vanno dall’assimilazione della rispettiva eredità culturale (greca vs giudaica) alla diversa posizione di fronte alla morte imminente (serenità vs timore), dalle circostanze dell’insegnamento (stanzialità vs itineranza) alle sue modalità proprie (maieutica vs annuncio  evangelico) fino al cuore stesso del messaggio (l’uomo come psyché e la virtù come conoscenza vs regno di Dio e adesione personale alla figura di Gesù). Tutti questi fattori distanziano irrimediabilmente l’uno dall’altro i due personaggi. In ogni caso, per uno studioso delle origini cristiane, e per un neotestamentarista in particolare, abituato a lavorare concretamente sui testi, questo tipo di accostamento resta su di un piano piuttosto astratto e comunque generico, perciò insoddisfacente. Come direbbe un riconosciuto classicista qual è Luciano Canfora proprio sul caso in questione, questo tipo di accostamento sta «sul versante della retorica piuttosto che su quello della ricerca». 

I Greci e l’impronta giudaica Il confronto tra Gesù e Socrate, implicito già in Erasmo da Rotterdam e successivamente esplicitato in Rousseau, Hegel e ora persino nei blog filosofici su Google, solleva l’interrogativo sull’identità del Nazareno. A questo paragone dedica un agile riflessione l’esegeta Romano Penna nel volumetto “Gesù e Socrate. Cultura greca e impronta giudaica” , in uscita da Edb (pagine 48, euro 5,50). Dal volume abbiamo anticipato le pagine del primo capitolo.

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