venerdì 9 agosto 2024
Per il 250° anniversario della nascita del pittore una mostra che inaugurerà il 24 agosto ricorda il nesso inscindibile tra la sua opera e la città sassone culla del movimento del Sensucht
Caspar David Friedrich, “Il grande recinto vicino a Dresda”, 1832

Caspar David Friedrich, “Il grande recinto vicino a Dresda”, 1832 - Albertinum/Staatliche Kunstsammlungen Dresden/Elke Estel-Hans-Peter Klut

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Nel 1796 due berlinesi visitarono Dresda: Wilhelm Heinrich Wackenroder (morto prematuramente nel 1798) e Ludwig Tieck (1773 - 1853), poeta e scrittore che nel 1799 avrebbe fondato il circolo romantico di Jena. Si confrontarono sulle sensazioni provate di fronte alle opere greco-romane e degli antichi maestri conservate nella capitale della Sassonia. In pittura rimasero affascinati da Dürer, Holbein e dai fiamminghi; apprezzarono soprattutto il colore e la sua capacità di suscitare reazioni emotive. Una delle loro icone diventò la Madonna Sistina di Raffaello, conservata nella Gemäldegalerie Alte Meister: suggeriva un moto spirituale verso Dio, connettendosi al Sehnsucht (”struggimento”), l’aspirazione dell’uomo a trascendere la finitezza del mondo.

Caspar David Friedrich fu uno dei frequentatori della collezione della Gemäldegalerie Alte Meister, il cui corpus principale si formò grazie ai quadri confluiti dalla cosiddetta “vendita di Dresda”: l’alienazione da parte del duca di Modena Francesco III a favore di Augusto III di cento dipinti della raffinata collezione estense.

Caspar David Friedrich, “Veduta della valle dell’Elba”, 1807

Caspar David Friedrich, “Veduta della valle dell’Elba”, 1807 - Albertinum/Staatliche Kunstsammlungen Dresden/Elke Estel-Hans-Peter Klut

Friedrich, nato nel settembre del 1774 a Greifswald, paesino sul Mar Baltico, allora nella Pomerania svedese, raggiunse Dresda nel 1798 ove visse fino alla morte il 7 maggio 1840. Lasciava alle spalle Copenaghen, dove aveva studiato disegno a mano libera e scultura; l’Accademia Reale Danese di Belle Arti non offriva un corso di pittura, ciò spinse Friedrich a trasferirsi. I primi lavori presso l’Accademia locale furono incisioni e acquerelli. Nel 1805, con due disegni a seppia, ottenne un premio dei Weimarer Kunstfreunde, presieduti da Johann Wolfgang von Goethe. Oltre a studiare i dipinti della Pinacoteca, partecipava ai dibattiti sull’arte contemporanea. Per i suoi soggetti l’artista preferiva trovare ispirazione immergendosi nella natura e, a questo scopo, esplorava a piedi i territori limitrofi alla città dell’Elba, armato del suo album da disegno. Le escursioni lo spinsero lontano verso i boschi della Pomerania, i Riesengebirge (Monti dei Giganti) in Polona, le cime dello Harz e l’isola di Rügen – da cui uno dei suoi dipinti più famosi, Le bianche scogliere di Rügen (1818-1819).

Per il 250° anniversario della sua nascita è stata concepita la mostra “Caspar David Friedrich. Dove tutto è cominciato” che inaugurerà il 24 agosto prossimo e chiuderà il 5 gennaio 2025, articolata in due sedi: l’Albertinum e il Kupferstich-Kabinett. Dresda divenne dunque la seconda casa del pittore, che qui dipinse alcuni dei dipinti più noti e venne sepolto nel Cimitero della Trinità. Attorno alla sua persona si formò un ristretto nucleo di artisti dediti alla pittura di paesaggio, denominata poi Scuola di Dresda. La città, che vanta quindi un ruolo imprescindibile nella formazione del Romanticismo, ha subito, nei secoli numerosi incendi per poi essere rasa al suolo nei bombardamenti alleati della Seconda guerra mondiale. Il frutto di una ricostruzione in stile rende oggi l’illusione di una città “cristallizzata” nel tempo.

Alcuni dei luoghi riedificati, come la Grünes Gewölbe (la nuova “Volta Verde”) e la Frauenkirche – la cui cupola sembra una campana –, contribuiscono a formare un’immagine fantasmatica di quello che Dresda fu nei secoli scorsi. Anche l’Albertinum, l’ex armeria di Dresda voluta da Augusto I di Sassonia, rimase danneggiata nel 1945. La collezione si salvò poiché trasferita in Unione Sovietica fino al 1958. La Galerie Neue Meister accoglie opere di Friedrich come Il Cimitero o Il grande recinto vicino Dresda; la Pala di Tetschen (1807-1808), conosciuta come La croce sulle montagne, esprime l’apice del sentimento religioso connesso allo stupore per la vastità della natura. Sono conservati, inoltre, dipinti di altri romantici: Carl Gustav Carus e di Christian Dahl che ritrae il porto di Copenhagen al chiarore di luna. Percorrendo le sale, si incontrano poi le visioni fatate di Ludwig Richter, conosciuto anche per aver illustrato le favole dei fratelli Grimm.

Attraversando il ponte verso la parte nuova della città, ci si imbatte nella statua in bronzo dorato del protagonista della “vendita di Dresda”: l’Elettore di Sassonia e Re di Polonia. Augusto III, definito anche “Il Corpulento”, fu un regnante decisivo per il decoro e la crescita della città fluviale. A pochi passi dalla scultura equestre si trova il Museo del Romanticismo: la Kügelgenhaus, ossia la casa del ritrattista Gerhard von Kügelgen (1772-1820) che divenne salotto per pittori, scrittori e musicisti dell’epoca romantica.

Lasciato il centro urbano, ci si addentra in un territorio ricco di vigneti oltre che di percorsi per il trekking ideali per andare sulle tracce del Romanticismo ma soprattutto per scoprire i luoghi che ispirarono alcuni dei dipinti di Caspar David Friedrich e la sua interpretazione del paesaggio in chiave simbolica.

Caspar David Friedrich, “Cespugli nella neve”, 1827-1828

Caspar David Friedrich, “Cespugli nella neve”, 1827-1828 - Albertinum/Staatliche Kunstsammlungen Dresden/Elke Estel-Hans-Peter Klut

La prima tappa è il monastero cistercense di Altzella che ispirò alcuni disegni di Friedrich. Negli appunti tracciati sul suo taccuino nel 1800, sono assenti le fronde degli alberi; infatti, il parco in cui è possibile oggi immergersi non esisteva ancora: venne progettato due anni dopo dall’architetto di giardini Hübler.

Il dipintodel 1831, conservato presso la Pinacoteca di Monaco, Rovine della chiesa nel bosco rievoca i ruderi dell’ex refettorio ma li trasforma avvolgendoli nelle tenebre. Nonostante il dato naturale risulti fedele alla realtà, è il modo in cui Friedrich lo restituisce nelle sue composizioni a fare alla differenza. Il pittore enfatizza gli agenti atmosferici (la neve e la nebbia, il cielo in tempesta), l’intensità luminosa (nelle fasi dell’alba, del tramonto e del crepuscolo) o l’assenza di luce, le linee aguzze delle lastre di ghiaccio (Il naufragio della speranza) e dei calanchi, i tronchi secchi con i rami spogli e contorti. Inoltre, fa leva sul senso di isolamento dell’essere umano – rappresentato spesso di spalle, in contemplazione come nel Viandante sul mare di nebbia –, di “schiacciamento” ma allo stesso tempo di attrazione magnetica verso una natura “fuori scala”, imponente e superba. Ciò che l’artista rappresenta è spesso eco del personale stato d’animo. Friedrich soffriva di depressione e fu segnato, nel periodo dell’infanzia, da dolorosi lutti: a 7 anni morì la madre, mentre nel 1787 il fratello perse la vita nel tentativo di salvarlo dall’acqua gelida in cui era caduto mentre pattinava sul ghiaccio.

Si provano vertigine e spiazzamento affrontando il Ponte di Bastei e i sentieri del Parco Nazionale della Svizzera Sassone. Fredrich stesso si trovò innanzi la formazione rocciosa di Neurathen che dipinse nel 1822-23 nel quadro Felsenschlucht. Bastioni e pilastri di roccia – sulle cui pareti molti alpinisti praticano l’arrampicata – svettano davanti agli occhi. Fino al 1469, un castello era arroccato come un’aquila su queste ripide arenarie.

Anche le rovine dell’Abbazia di Oybin, nell’Alta Lusazia, ispirarono molti pittori prima, dopo e durante il Romanticismo. Il monastero dei Celestini risale all’epoca di Carlo IV (1316-1378). Caspar David Friedrich abbozzò le silhouette dei ruderi in un album il 4 luglio 1810. Trasformò poi queste suggestioni nel quadro La tomba di Hutten del 1823-24 –con tre strette e alte finestre gotiche – e in Klosterruine Oybin (Der Träumer) del 1835in cui un uomo, definito “sognatore”, siede a cavalcioni di un’elevata bifora. Contempla gli scheletri degli alberi, contrafforti di un tramonto che infiamma il cielo di sfumature rosso-arancio e violacee.

Friedrich non fu il solo a immortalare questo luogo. Tra i suoi amici, Carus nel 1825 usa un’altra porzione del monastero per incorniciare una luna piena ammirata, in estasi silenziosa, da due innamorati.

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