Se n’è andato il “picchiatello”, l’attore che ha fatto ridere almeno tre generazioni di spettatori con la sua comicità. Volto di gomma, voce stridula (in Italia doppiata da Carlo Romano), movimenti slapstick, Jerry Lewis, morto ieri sera a Los Angeles all'età di 91 anni, suscitava risate in modo semplice, essenziale, coinvolgendo nelle disavventure del suo strampalato personaggio cinematografico, grandi e piccini, gente comune e persino intellettuali (che spesso hanno dibattuto sulla figura, nata nel muto ma da lui perfezionata nel cinema sonoro, del pasticcione dagli eccessi maniacali che ne combina di tutti i colori ma alla fine esce vincitore delle situazioni più intricate...).
"Re" della commedia e maestro dell'improvvisazione, Lewis (all'anagrafe Joseph Levitch, era figlio di immigrati russi di origine ebrea), nella sua lunga carriera è stato anche cantante, regista, produttore e filantropo. Salì sul palcoscenico per la prima volta a cinque anni e prima di scegliere lo spettacolo come mestiere per vivere, fece il commesso e il magazziniere in un una fabbrica di cappelli, il fattorino d'albergo e la maschera in un cinema. Poi le prime esperienze come attore e cantante nel teatro di varietà a Brooklyn. Nel 1946 cominciò a fare coppia con Dean Martin esibendosi al 500 Club di Atlantic City: uno degli artisti del locale si ammalò e l'italiano Dino Crocetti (il vero nome di Dean Martin) lo sostituì. Nacque così una coppia dalla "vis comica" irresistibile, i loro compensi salirono vertiginosamente da 250 a 5000 dollari alla settimana. Il cinema se li contese: il loro esordio fu in La mia amica Irma (1950). Poi, una serie di film che svilupparono il filone "demenziale", con trame interscambiabili: Morti di paura (1953) e Mezzogiorno .... di fifa (1956). Ma con il successo arrivarono anche le incomprensioni e la coppia artistica si sciolse. Jerry Lewis proseguì da solo, producendo i suoi film: Il deliquente delicato (1957) e Il cenerentolo (1960), Ragazzo tuttofare (1957). Fu anche regista e cosceneggiatore. Tra le pellicole più esilaranti ricordiamo Le folli notti del dottor Jerryll (1963). Dopo una lunga pausa, negli anni '80 Lewis tornò sul set sbancando i botteghini con Bentornato Picchiatello (1980) e Qua la mano Picchiatello (1983). Interpretò per la prima volta un ruolo drammatico per Martin Scorsese in Re per una notte (1983), accanto a Robert De Niro.
Ma dell'attore ricordiamo anche il divertentissimo sketch del dattilografo (dal film Dove vai sono guai, del 1963), il suo cavallo di battaglia, riproposto più volte nelle sue comparsate televisive negli Usa e all'estero, in cui fa diventare il ticchettìo della macchina da scrivere uno strumento musicale sulle note del brano The Typewriter di Leroy Anderson. Fu anche un filantropo. A lui si deve soprattutto la maratona Telethon nata negli States con la trasmissione annuale che lui presentò, sin dal 1966, per l'associazione distrofia muscolare. Fu candidato al Nobel per la pace nel 1977 per le sue opere di beneficienza. Di recente aveva fondato la "House of Laughter" (La Casa della Risata) per aiutare i bambini ed i giovani affetti da malattia o reduci da traumi, attraverso il potere terapeutico della risata. Un'arte di cui Jerry Lewis è stato davvero un genio innovatore entrando nella leggenda del cinema.
Grande maestro della mimica, un perfezionista sul set e davanti alle telecamere. Ci mancheranno le sue smorfie, gli occhi stralunati e la faccia da ebete, gli atteggiamenti da imbranato che la sa lunga. Insieme a Charlie Chaplin e a Buster Keaton, il più grande, e innovativo, comico della storia.