Il soprano catalano Montserrat Caballé (Ansa)
È morta Montserrat Caballé, una delle più grandi voci della storia della lirica.
Popolare, popolarissima nel mondo della lirica, amata per la sua voce flautata, capace di toccare le vette più inarrivabili degli acuti, tanto da guadagnarsi l’appellativo de “la superba”. Ma Montserrat Caballé era diventata davvero pop nel 1992 quando la sua voce risuonava in tutto il mondo insieme a quella di Freddie Mercury nella celeberrima Barcelona, incisa nel 1988 e diventata poi, dopo la morte del leader dei Queen, inno ufficiale della venticinquesima Olimpiade ospitata proprio nella città catalana. Dove la cantante era nata il 12 aprile 1933 e dove si è spenta l’altra notte a 85 anni. Era ricoverata da settembre per un aggravarsi delle sue generali condizioni di salute, che non aveva nascosto, apparendo in pubblico anche in carrozzina. Ma sulle cause del decesso la famiglia ha chiesto riservatezza ai vertici del Sant Pau.
Il mondo della musica, classica, ma anche pop, piange dunque l’ultima grande diva. Perché, hanno scritto in molti sui social subito dopo l’annuncio della morte avvenuta all’alba di ieri nel capoluogo catalano, era l’ultima rappresentante di una lirica «che ormai non c’è più». Fatta anche di eccessi che oggi, teatri e fondazioni liriche, ma anche cantanti e musicisti, non si possono più permettere. Ma lei si scherniva dicendo di non considerarsi «una leggenda dell’opera, né l’ultima diva perché ogni epoca ha le sue stelle. L’unico merito che ho è quello di aver fatto bene il mio lavoro, nel miglior modo possibile, al più alto livello».
Di certo se ne va una voce che ha segnato il Novecento perché Montserrat Caballé ha fatto la storia della musica lirica del secolo scorso con le sue interpretazioni delle grandi eroine di Bellini, Donizetti, Verdi e Puccini. Apprezzate e a volte discusse. Come quando nel 1982 al Teatro alla Scala lasciò lo spettacolo dopo essere stata fischiata nella donizettiana Anna Bolena (arrivava dopo Maria Callas e il loggione non le perdonò un simile “affronto”), gesto che suscitò scalpore e che fece la fortuna di una giovane Cecilia Gasdia, chiamata a sostituirla.
E anche la fortuna del soprano catalano iniziò con una sostituzione dell’ultimo minuto: era il 1965 a New York, la Caballé era già in carriera, ma venne chiamata a sostituire Marilyn Horne in Lucrezia Borgia di Donizetti. Titolo che, casi della vita, segnerà, nel 1970, il suo debutto proprio al Teatro alla Scala: a Milano (dove nel 1960 era apparsa in un piccolo ruolo nel Parsifal di Wagner) la Caballé avrebbe dovuto esordire da protagonista nella Luisa Miller nel 1968, ma un infortunio la costrinse a rimandare il debutto scaligero. In Italia esordì nel 1967 al Maggio musicale fiorentino interpretando Imogene ne Il pirata di Bellini. Ruoli legati al belcanto, interpretati nei maggiori teatri.
Anche se il mondo (anche quello che non ama la lirica) conoscerà la Caballé, che di nome completo faceva María de Montserrat Viviana Concepción Caballé i Folch, grazie al duetto con una star del rock come Freddie Mercury. Una canzone che porta il nome della sua città, Barcelona che la Caballé incise nel 1988 con il leader dei Queen per celebrare le Olimpiadi. Ma che non cantò alla cerimonia di apertura dei giochi nel 1992 perché, dopo la morte di Freddie Mercury, non volle più interpretare il brano con nessun altro artista.
Coronamento pop – nel 1997 inciderà l’album Friends for life per scopi benefici – di una lunghissima carriera iniziata nel 1956 quando, dopo il diploma al Conservatorio di Musica del Liceu di Barcellona, la Caballé entra nella compagnia stabile dell’Opera di Basilea: già un anno dopo nel teatro svizzero il primo ruolo da protagonista, Mimì ne La bohème di Puccini.
«Se non potessi più cantare avrei l’impressione di non esistere» ha sempre sostenuto la Caballé che debutta “in casa”, al Liceu di Barcellona, nel 1962 con Arabella di Strauss. Nel 1965 la Lucrezia Borgia di New York dopo la quale arrivano i grandi teatri dal Metropolitan all’Opera di Vienna al Covent Garden di Londra dove debutta nel 1972 in Traviata mentre a Parigi è Norma. Le eroine del belcanto e quelle del repertorio ottocentesco sino alle donne di Richard Strauss – la riconciliazione con la Scala arriverà nel 1987 con una Salome – che il soprano ha affrontato diretta, tra le altre, dalle bacchette di Claudio Abbado, Riccardo Muti, Zubin Mehta.
In repertorio ben 130 ruoli di novanta autori diversi cantanti in oltre 4mila recite: Agnese di Hoenstaufen, Maria Stuarda, Norma, Aida, Violetta, Isotta, Gioconda, Manon, Tosca e Turandot, personaggi che la Caballé interpreta accanto alle grandi voci del Novecento, su tutte quelle dei tre tenori Luciano Pavarotti, Placido Domingo e José Carreras. «Domingo, con cui ho lavorato in Manon Lescaut mi disse di aver scoperto un nuovo mondo cantando con me, e per me vale lo stesso. Con Carreras siamo rimasti incantati ascoltandoci l’un l’altro mentre Pavarotti per me è stato come un padre» ricordava la cantante, anche lei come Big Luciano diva tra lirica e pop.
«Non abbandonerò mai l'opera: ho collaborato con diversi interpreti del panorama pop, ma questo più che nuocere alla mia immagine, credo possa dare risalto ad entrambi i generi musicali, perché il pubblico ha così l'opportunità di confrontarsi con entrambi gli stili» raccontava il soprano qualche anno fa. Nel 2013, però, aveva detto addio alle scene.
Molti i riconoscimenti, ma anche qualche guaio con la giustizia: nel dicembre 2015 patteggiò sei mesi per aver nascosto nel 2010, attraverso la residenza ad Andorra, mezzo milione di euro al Tesoro spagnolo; pena commutata in una multa da 240mila.
«La famiglia conta più della musica» raccontava negli ultimi anni la cantante, sposata dal 1964 con il tenore Bernabé Martì e mamma di due figli, Bernabé jr, classe 1966, e Montserrat, classe 1972, cantante per seguire le orme della madre. Per loro messaggi di cordoglio da tutto il mondo. Domani dalle 14 la camera ardente a Les Cortes. Lunedì a mezzogiorno i funerali. Sulle note di Bellini, Donizetti e… Freddie Mercury.