domenica 23 marzo 2025
L'attore con Massimo Wertmüller riporta in scena a Roma per il Giubileo il suo “Come Cristo comanda”. «Offriamo una convenzione per i gruppi parrocchiali per avvicinare i giovani al messaggio»
Da sinistra gli attori Michele La Ginestra e Massimo Wertmuller in "Come Cristo comanda"

Da sinistra gli attori Michele La Ginestra e Massimo Wertmuller in "Come Cristo comanda" - Adrfoto.it

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L’attore e autore Michele La Ginestra con Massimo Wertmüller riporta in scena a Roma per il Giubileo il suo “Come Cristo comanda” fra sorrisi e commozione Al Teatro Vittoria dal 27 marzo al 13 aprile il dialogo immaginario tra i due soldati che presidiarono la croce e il sepolcro di Cristo fra dubbi e rivelazioni Cosa si saranno mai detti i soldati romani che stavano ai piedi della croce di Cristo e davanti al sepolcro da cui è risorto? Lo ha immaginato e descritto Michele La Ginestra, autore teatrale, attore e volto tv (è il simpatico don Michele della fiction Canonico di Tv2000) che riporta in scena, dopo alcune stagioni di successo in una edizione speciale per il Giubileo, il suo Come Cristo Comanda in cui assieme a Massimo Wertmüller porta in scena due centurioni che hanno assistito alla morte di Gesù e che si interrogano sull'evento. Lo spettacolo, con la regia di Roberto Marafante, sarà in scena dal 27 marzo al 13 aprile al Teatro Vittoria di Roma, prodotto dal Teatro 7 di Roma di cui La Ginestra è fondatore e direttore artistico, con il supporto di Fondazione Sipario Toscana Onlus e il patrocinio della Fabbrica di San Pietro in Vaticano. Uno spettacolo che fra sorriso e commozione, si interroga sul Mistero della Resurrezione con un linguaggio adatto a tutti, specie ai giovani. Tantoché, proprio in occasione dell’Anno Santo, la compagnia propone una convenzione speciale per tutti i gruppi parrocchiali e accompagnatori, creando dei biglietti scontatissimi (per info e promozioni si può scrivere a promozione@teatro7.it) e riduzioni per i non gruppi.

Michele La Ginestra, che significato assume il suo spettacolo nella cornice del Giubileo?

«Abbiamo deciso di riproporre questo piccolo “gioiellino” con l’intento di avvicinare i giovani al messaggio di Cristo, attraverso il mezzo teatrale, per far nascere tra il pubblico un confronto sui temi della fede, uno stimolo alla riflessione e una disponibilità all’ascolto. Quando facevo il catechista nella mia parrocchia dei Sette Santi Fondatori di Roma, dove poi è nato il Teatro 7, oltre a far sentire la mia voce, facevo far vivere esperienze altre, come un percorso formativo coi senzatetto organizzato dalla Caritas, o attività socialmente utili od organizzavo eventi. Fare non solo teoria, ma pratica. Come Cristo comanda è uno dei pochi spettacoli della mia vita che non ha subito modifiche, perché funziona così bene, ha fatto tre anni di tutto esaurito. Cambia la mia maturità, la voglia di sottolineare alcuni concetti». Chi sono i due protagonisti? «La domanda che mi sono posta è: quando uno vive in diretta un evento straordinario come la morte e la resurrezione Cristo, lo comprende o non lo capisce? I due atteggiamenti sono impersonati da due centurioni che ho tratto dai Vangeli apocrifi: io impersono Cassio, il centurione di guardia che colpisce Gesù al costato con la lancia per evitare che gli spezzino le gambe. Massimo Wertmüller è Stefano, il centurione che disseta Cristo dandogli da bere acqua e aceto, un segno di pietà perché quella era una bevanda dissetante. Sono due soldati abituati alla violenza, avvezzi alle crocefissioni, ma l'ultima li ha sconvolti. Sono due persone semplici e “neutre” che non avevano alcuna aspettativa sul Cristo. Uno, Stefano, straordinariamente umano, cerca di sfuggire allo stravolgimento interiore, l'altro, Cassio, invece rimane colpito da questo personaggio, da quello che dice, dalla serenità con cui affronta morte, dalla madre di Cristo…Capisce che c’è un disegno più grande e che occorre entrare a farne parte».

Temi alti con il linguaggio della commedia?

«I due soldati parlano della quotidianità, del cibo, dell’altro sesso, del lavoro con la cadenza romana popolare. La gente ride molto e poi a un certo punto viene spiazzata. I due iniziano a parlare del “fatto” che gli ha stravolto la vita, una discussione intrisa di dubbi e di umanità. Cassio, al contrario di Stefano, riesce a cogliere le emozioni, gli si apre un mondo diverso grazie alle parole di Gesù fatto di amore e giustizia, rispetto per la donna. Scopre un mondo spirituale e il finale sarà molto commovente. In camerino vengono a complimentarsi anche molti non credenti».

C’è anche un terzo personaggio in scena. «Dio si manifesta nei modi più semplici, si avvale dell'ausilio degli ultimi. In scena c'è una figura che canta (interpretata da Ilaria Nestovito) che diventa un vecchio, uno straniero, un angelo, ma sarà la voce che mette Cassio in contatto con Dio. Dovremmo predisporci all’ascolto degli ultimi, soprattutto in questo periodo».

Lei ha scritto questo spettacolo da credente rivolgendosi però a tutti. «Occorre cercare di coinvolgere il pubblico che non la pensa come te. Quella in scena è la classica discussione fra un credente e un non credente. Quando affronti un argomento così importante, anche chi non crede è coinvolto. Mi piacerebbe che venisse accolta l’idea che ognuno ha una spiritualità».

Lei come sta vivendo questo Giubileo?

«Un paio di porte sante me le son fatte, San Pietro e San Giovanni. San Pietro da privilegiato, invitato per i 25 anni di sacerdozio del cardinale Mauro Gambetti, un’esperienza spirituale intensa. A San Giovanni invece c’era una gran confusione, la gente che si scattava selfie invece di rendersi conto che il passaggio simbolico è importante. Passare la Porta Santa significa passare in un’altra ottica ed emozione, devi arrivare con una concentrazione spirituale. Comunque, sempre col patrocinio della Fabbrica di San Pietro, dal 29 giugno per il Giubileo ripropongo al Teatro Sistina Pietro e Paolo a Roma, un altro spettacolo con la regia di Roberto Marafante e otto performer, che immagina un confronto serrato fra i due, che non sappiamo se sia mai avvenuto, proprio nella Città eterna.

Lei sta anche girando “Canonico 3” per Tv2000, giusto?

«Si, riprenderemo le riprese dopo Pasqua. Stiamo girando sempre nell’ottica di parlare a tutte le persone per riuscire a comunicare l’umanità di un sacerdote, di un uomo che sta sempre in ricerca, perché troppe certezze fanno sedere sugli allori. L’umanità dei sacerdoti va affrontata e comunicata, anche le loro incertezze e i dubbi, affinché si capisca che portare avanti una parrocchia non è una cosetta e dovremmo ringraziare questi uomini che dedicano la propria vita agli altri».

Come anche papa Francesco…

«Ho un enorme affetto nei confronti di papa Francesco che penso abbia cambiato una mentalità, con un forte richiamo ai valori importanti. Soprattutto in questo momento in cui il mondo sta seguendo guerre ed egoismi personali, la sua voce forte è necessaria. Sono addolorato che non ce la faccia per motivi di salute, ma spero che possa tornare presto a portare avanti la sua innovazione». © RIPRODUZIONE RISERVATA «Lo spettacolo, col patrocinio della Fabbrica di San Pietro, offre una convenzione per i gruppi parrocchiali con l’intento di avvicinare i giovani al messaggio, ma anche i non credenti»

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