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«Ho scritto personalmente alla Fifa, ma non mi hanno mai risposto…». La telefonata con Ernso Laurince si interrompe per qualche secondo, lasciando spazio a un silenzio assordante che racconta tutta la sua delusione. Da qualche tempo l’ex difensore della nazionale haitiana sta combattendo contro l’egemonia del presidente Yves Jean-Bart, alias Dadou, per ridare nuova vita al calcio haitiano. Laurince ha deciso di esporsi in prima persona, candidandosi alle elezioni presidenziali dello scorso 2 febbraio e segnalando alcuni dei reati commessi da Dadou e dal suo clan in circa un ventennio di governo.
Per prima cosa ha parlato pubblicamente del traffico di identità - iniziato ancor prima dell’arrivo di Dadou e poi proseguito sotto la sua presidenza - rivelando quello che era il segreto della sua vita. Nel 1990 era in programma un triangolare di qualificazione a un torneo giovanile continentale contro Barbados e Antille Olandesi. La Federazione voleva inserire il talentuoso Laurince tra i convocati, ma il ragazzo, nato il 23 maggio 1973, non era eleggibile. Solo i calciatori nati dopo il 1° agosto potevano partecipare. Fu così che la Fhf lo obbligò ad «abbassare» la sua età di circa sette mesi e a cambiare identità. Gli fu assegnata l’identità di un caro amico: Herode Noel divenne Ernso Laurince. E la sua nuova data di nascita recitava 7 dicembre 1973. «Non è stato facile accettare quest’imposizione, ma ho dovuto mettermi il cuore in pace – ricorda l’ex capitano della nazionale haitiana – Due anni più tardi mi hanno addirittura squalificato per un anno, così ho avviato una procedura legale per poter giocare definitivamente con il nome di Ernso Laurince». La decisione presa da Ernso di uscire allo scoperto e fronteggiare Dadou è stata coraggiosa e consapevolmente piena di rischi. Tant’è che, nelle settimane successive alla rivelazione del suo segreto e all’ufficializzazione della candidatura, Laurence ha ricevuto minacce e un murales che recita «Ernso Laurince è gay» è comparso nella capitale Port-au-Prince. «Sapevo che sarebbe successo, ma non abbasso la testa». Molti ex compagni e membri della famiglia calcistica di Haiti lo supportano. Ma con discrezione, per evitare ritorsioni.
Il grado di paura, spesso comprensibilmente seguita dall’omertà, è così elevato tra gli haitiani perché tra i suoi contatti Dadou può vantare anche membri legati alla criminalità organizzata locale. In particolare al cartello de “La Familia” che ha sede a Port-au-Prince. Uno si chiama Grégory Chevry, è fratello del controverso sindaco della capitale Ralph Youri e fa addirittura parte della Federazione in qualità di presidente del progetto “Camp Nou”, l’accademia federale costruita con i soldi derivanti dal programma di sviluppo Fifa Forward. La struttura, situata al Fifa Goal Center di Croixdes- Bouquets, una decina di chilometri a nordest della capitale, accoglie circa 200 ragazzi e ragazze provenienti da tutto il Paese. Nonostante l’ingente somma di denaro ricevuta, il centro appare già in decadenza. «L’ultima volta che ho messo piede lì, mi veniva da vomitare – afferma un ex nazionale haitiano che preferisce rimanere anonimo – I ragazzi dormono in dieci in piccole stanze, non ci sono lenzuola, né asciugamano puliti. Non godono di controlli medici, mangiano tutti i giorni le stesse cose e bevono acqua imbevibile. Nel frattempo i leader della Fhf possiedono dottori personali e organizzano banchetti. Abbiamo ricevuto milioni, dove sono questi soldi?».
La terribile situazione che si verifica all’interno dell’accademia è poi aggravata da casi di stupro e abusi sessuali nei confronti delle ragazze. Una di loro, che ha abbandonato Haiti, ammette che «gli episodi di violenza sono numerosi e qualche ragazza ha dovuto addirittura abortire». Minori, senza protezione, vivono il sogno di poter ottenere un giorno un buon contratto nel soccer degli Usa o magari in qualche club prestigioso in Europa che permetta loro di guadagnare bene e poter aiutare la famiglia. Talvolta giocano anche infortunati, mettendo a repentaglio la propria incolumità, e se non obbediscono rischiano l’espulsione, perché lì fuori c’è sicuramente un altro orfano che ha bisogno di un tetto e può sostituirli. «Dadou dice sempre che i ragazzi del centro gli devono tutto, che senza di lui sarebbero ancora per strada», continua l’ex calciatrice. In poche parole, incassano qualsiasi colpo e vanno avanti. In merito a queste atrocità, la Fifa, sollecitata a più riprese, non si è ancora espressa. O forse sì, visto che non ha ritenuto necessario agire dopo la recente ispezione guidata da Sarah Solemale, la responsabile Fifa dello sviluppo in Africa e nei Caraibi, e vista la lettera di congratulazioni inviata dal presidente Gianni Infantino all’indomani della vittoria che ha consegnato a Dadou il suo sesto mandato consecutivo. «Qualcosa di profondamente illegale secondo i regolamenti », sostiene Ernso Laurince, a cui alla fine è stato impedito di partecipare alle elezioni a causa di una frode amministrativa ben architettata da Dadou per estromettere dalla corsa il suo unico avversario.
Per la sua lista, Laurince ha scelto il nome di “Cartel de l’Espérance” - ad Haiti il termine “cartel” indica anche le liste politiche - per offrire a se stesso e ai suoi connazionali la possibilità di un futuro più luminoso. E per far sì che ciò accada si affida anche al megafono della stampa internazionale. «Parlatene – chiede fiducioso – qui desideriamo cambiare aria, vogliamo maggior trasparenza. La gente ne ha bisogno».