sabato 1 marzo 2025
Il medievista: non era misogino e neppure “femminista”: Delarun ha smontato il mito romantico che vedeva lui e Chiara come Giulietta e Romeo
Giotto, "Saluto di santa Chiara e delle sue compagne a san Francesco". Assisi, basilica superiore

Giotto, "Saluto di santa Chiara e delle sue compagne a san Francesco". Assisi, basilica superiore - WikiCommons

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Su Francesco d’Assisi tutte e tutti sappiamo molto, ma ciò che conosciamo di lui è sempre affidabile? Oppure, in qualche caso, è il frutto di una tendenziosa ricostruzione storica, iniziata già all’indomani della sua morte? E come possiamo imparare noi a separare il grano dal loglio, visto che molti sono i secoli che ci separano dalla sua vicenda umana? Ciò che vi propongo è seguire - attraverso una serie d’interviste - la lanterna di alcuni tra i suoi maggiori esperti, non tanto per comprendere quali aspetti della sua personalità furono volutamente adombrati, ma per vegliare insieme, affinché la sua immagine non sia mai stravolta.

André Vauchez, nato a Thionville nel 1938, medievista e accademico dell’Institut de France, ha fatto parte con Jacques Le Goff del gruppo de Le Annales. Asceso ai più alti gradi della vita accademica, ha ricevuto le più alte onorificenze, tra cui la Legion d’Onore, il premio Balzan ed è commendatore al merito della Repubblica Italiana. La sua biografia, Francesco d’Assisi tra storia e memoria (Einaudi 2010, titolo originale François d’Assise: entre histoire et mémoire, Fayard 2009) è stata coronata, nel 2010, dal premio Chateaubriand.

La sua biografia resta oggi fondamentale perché non racconta solo la storia di Francesco, ma del dopo-Francesco. Cosa accadde al rapporto tra Chiara e Francesco dopo la morte dell’Assisiate?

«Non è semplice ricostruire il rapporto di Chiara e Francesco sulla base delle fonti agiografiche, la maggior parte delle quali riflette sull’argomento, più il contesto ecclesiastico degli anni che corrono dal 1230 al 1260 che il suo reale pensiero. Per comprendere l’effettivo atteggiamento di Francesco nei confronti delle donne è sufficiente però un episodio della Compilazione di Assisi, che raccoglie le testimonianze dei suoi compagni più stretti: intuendo che la morte si avvicinava, Francesco chiese ai suoi compagni di permettere all’amica romana Jacopa dei Sette Sogli di raggiungerlo. Francesco la chiamava “frate Jacopa”: un sotterfugio evidente che gli permise di non trasgredire la Regola, che vietava ai frati di ammettere le donne nei conventi e nei luoghi di residenza dei frati».

Tommaso da Celano nel Memoriale parla invece di un Francesco misogino, spaventato dal contatto con le donne e Bonaventura riprenderà quei toni accentuandoli. Eppure nessuno di quegli antichi agiografi è mai arrivato a negare apertamente l’importanza di Chiara per Francesco come ha fatto invece un suo connazionale in tempi recenti, lo storico francese Jacques Dalarun.

«Per comprendere la posizione di Jacques Dalarun si deve aggiungere un altro tassello alla storia. Da Bonaventura in poi prevalse - è vero - il racconto di un Francesco misogino, e ciò abbiamo detto era in linea con la misoginia ecclesiastica di quei secoli, ma tra la fine del XIX secolo e la metà del XX secolo si sviluppò invece, in reazione a quella visione, una lettura sdolcinata che li trasformò nei “Romeo e Giulietta” della santità. Jacques Dalarun ha giustamente criticato questa visione romantica della “coppia mistica” sottolineando che Chiara non ha avuto un ruolo molto importante nella vita di Francesco».

Eppure una delle testimoni al processo di canonizzazione di Chiara, Pacifica di Guelfuccio, sostenne che fu proprio Francesco a chiedere a Chiara di abbandonare la sua famiglia per unirsi alla sua neonata comunità. E il primo biografo di Chiara sostiene che per Francesco Chiara fu fondamentale, che volle farne un modello per le altre donne, che egli voleva coinvolgere nel suo movimento. Chiara stessa, in punto di morte, nel Testamento, scrive che Francesco non mancò mai di avere per lei e le sorelle la “diligente cura e la speciale sollecitudine” promesse all’inizio.

«Francesco non era né un misogino né un femminista ante littaram, voleva lanciare un movimento di rinnovamento evangelico aperto a tutti i cristiani, indipendentemente dalla loro condizione, sesso o stato. Secondo la preziosa testimonianza del prelato “riformatore” francese Jacques de Vitry, che si recò ad Assisi nel 1216 e conobbe i “frati e le suore minori”, si potrebbe pensare che in origine si trattasse di un doppio ordine, come quelli di Fontevrault e Sempringham apparsi nel XII secolo, in cui monaci e monache vivevano in stretta vicinanza in edifici separati, riunendosi per celebrare alcune funzioni. In seguito, le esigenze della Chiesa romana separarono le due comunità».

Recentemente è stato suggerito che Francesco abbia accettato questa rottura della primitiva unità in maniera colpevole, “sacrificando” cioè le donne, è d’accordo?

«Non c’entra Francesco con questa separazione. Nel XIII secolo, la gerarchia ecclesiastica non approvava questo tipo di organizzazioni bipartite. Era spaventata per le possibili deviazioni e dalle critiche da parte dei laici. Il cardinale Ugolino allora, nel 1219, impose a Chiara e alle sue compagne la separazione dal ramo maschile. Il secondo rimaneva nel mondo per evangelizzarlo, il primo era confinato e dedicato alla preghiera».

I legami spirituali tra uomini e donne sono stati sempre guardati con sospetto dal clero, quasi nascondessero sempre dei rapporti illeciti. Non sarebbe ora di affermare la fecondità dell’amore spirituale tra uomini e donne?

«Francesco, che certamente aveva avuto una vita sentimentale e sessuale travagliata prima della sua conversione, conosceva meglio di chiunque altro la debolezza umana e la forza delle tentazioni carnali. Possiamo quindi supporre che approvasse sinceramente gli articoli della sua Regola che ponevano limiti severi alle relazioni tra i frati minori e le donne. Inoltre, egli stesso cercò di dare il buon esempio riducendo al minimo indispensabile le sue relazioni con Chiara. Ma questo non fa di lui un misogino! Infatti, i recenti scandali che hanno scosso e stanno ancora scuotendo la Chiesa cattolica (ma non solo essa!) sugli abusi sessuali da parte del clero, così come lo shock provocato dal comportamento dispotico e aberrante di alcuni “guru” a lungo considerati santi viventi, come l’abbé Pierre, Jean Vanier e molti altri che sono stati recentemente smascherati, dimostrano che la questione dei rapporti tra uomini e donne all’interno di una comunità non può essere ridotta a una semplicistica opposizione tra la misoginia di alcuni e l’apertura mentale di altri. Oggi stiamo capendo fino a che punto possa spingersi il dominio esercitato da alcuni religiosi su un pubblico femminile adorante per via dei loro carismi. Di tutto questo non c’è traccia negli scritti di Francesco e ancor meno nelle Vite a lui dedicate, ma egli era sufficientemente lucido e libero da illusioni sulla natura umana per sostenere la necessità della separazione tra i sessi nel contesto della vita religiosa consacrata, che non era però una forma di disprezzo o di indifferenza nei confronti delle figlie di Eva».

Lei è uno degli epigoni del movimento de Les Annales, nonché il massimo storico della mentalità vivente. Negli anni ci ha insegnato a discernere nelle biografie dei santi il dato storico dal filtro che al dato è stato applicato dalla mentalità dei biografi-agiografi. Non le sembra che questa lezione di metodo resti spesso disattesa? Non le sembra paradossale che si suggerisca un Francesco “vile” a riguardo delle donne, quando Francesco fu uno dei pochi uomini del Medioevo ad intrattenere con le donne un rapporto simmetrico e paritario, esemplato sul modello del Gesù dei Vangeli?

«Gli storici degni di questo nome sanno bene che l’immagine di un personaggio, così come emerge dalle fonti contemporanee o vicine al suo tempo, non è una fotografia della realtà. Ogni tipo di fonte ha le sue regole, a cominciare dall’agiografia, che non ha l’obiettivo di “fare storia” ma di offrire ai suoi lettori un modello di santità il più possibile conforme alla tradizione. Raggiungere una visione equilibrata di un personaggio storico o di un santo non è quindi un’operazione semplice, e richiede di tener conto di tutta la documentazione esistente... e delle sue insidie! Ad esempio, utilizzare alcune righe del Memoriale di Tommaso da Celano (Memoriale 78, 112) - in cui Francesco sembra aver fatto propri gli stereotipi maschilisti dell’epoca -, per concludere che Francesco fosse un misogino incallito, è un’operazione che nessuno storico serio può avallare: il Memoriale è la terza biografia che Tommaso scrive su Francesco e, nelle prime due, non fa cenno ad alcun commento negativo che la vista o la compagnia delle donne provocava nel Santo di Assisi. Perché allora questo tema compare nei suoi scritti intorno al 1240? Probabilmente perché in quel periodo si cominciavano a sentire voci che criticavano i Frati Minori per l’eccessiva assiduità con le donne durante i loro viaggi di predicazione itinerante, come si può vedere nei fabliaux francesi proprio a partire da quegli anni. Tommaso potrebbe quindi essere stato tentato di disarmare queste critiche, sottolineando la misura in cui il suo eroe si era conformato al modello ascetico e misogino che aveva caratterizzato i santi monaci dei tempi precedenti, rassicurando così i suoi lettori».

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