Don Luigi Giussani con alcuni studenti nel settembre 1956 durante la gita del liceo Berchet al faro di Portofino - Ansa/Comunione e Liberazione
Don Giussani (1922-2005) non è stato un filosofo. Non lo è stato, almeno, secondo l’accezione consueta, professionale, del termine. Lo dice chiaramente Carmine Di Martino introducendo il volume di autori vari, da lui curato, dal titolo Vivere la ragione. Si tratta della seconda delle tre opere – dopo Il cristianesimo come avvenimento (2022), volto ad approfondire la dimensione teologica di Giussani, e in attesa dell’ultimo volume, che affronterà gli aspetti socio-pedagogici della sua riflessione – che sono previste per celebrare il centenario della nascita del fondatore di Comunione e Liberazione. Don Giussani non è stato un filosofo, certo. Non lo è stato se s’intende la filosofia come un “discorso su altri discorsi”, un pensiero condotto in seconda battuta. Lo è stato, invece, se si concepisce la filosofia come un confronto concreto con i problemi dell’esistenza umana. Lo è stato se l’intenzione che ha mosso il suo pensiero è stata quella non già di contemplare, bensì di “vivere la ragione”: come appunto recita il titolo del volume.
Questo vuol dire infatti rinviare – come fa il sottotitolo dell’opera: Saggi sul pensiero filosofico di Luigi Giussani (Rizzoli, pagine 550, euro 20,00) – a un suo effettivo “pensiero filosofico”. Come diceva Angelo Scola, quella di Giussani è una riflessione che «nasce dalla diretta e originale penetrazione dell’esperienza stessa». Si tratta di una filosofia che parte dall’esperienza come campo di rivelazione del reale e torna all’esperienza come campo di verifica delle intuizioni e delle proposte di significato che sul reale possono essere elaborate. Quella che viene praticata e vissuta da Giussani, insomma, è una filosofia che dev’essere intesa come una vera e propria «intelligenza dell’esperienza». Carmine Di Martino, nella sua introduzione, la avvicina all’attitudine fenomenologica volta ad andare «alle cose stesse». In tal modo però – vale a dire attraverso questa filosofia vissuta in presa diretta – molte delle questioni che hanno interessato e che interessano il pensiero del passato e del presente trovano un nuovo, originale sviluppo. Tutta la prima parte del volume, volto a delineare appunto gli “Aspetti del pensiero” di Giussani, è in grado di mostrarlo adeguatamente.
Ed ecco che Nori Grassi approfondisce le caratteristiche del suo “reanelle lismo”, Botturi chiarisce e sviluppa la nozione di “avvenimento”, Costantino Esposito analizza la struttura relazionale dell’io, Di Martino discute i diversi significati della nozione di “esperienza”, pure approfondita da Fornasieri, Corbella si dedica al tema della ragione posto in relazione a quello della possibilità. E un analogo approccio – che intende considerare, per dir così, «di per se stessa» e non a partire da altro la riflessione di Giussani – si ritrova nella terza sezione del volume. In essa vengono trattate alcune questioni di confine affrontate sue opere: come il rapporto fra teologia e filosofia (Mazzarella), il tema dell’io in azione (Negro), la relazione tra esistenza e metafisica (Musso, Bertoldi e Navarro Linares), il senso e la funzione in campo educativo dell’autorità (Tuninetti).
Ciò non impedisce tuttavia di mettere in luce – e il volume lo fa egregiamente – i riferimenti e le presenze, tanto culturali quanto filosofiche, che stanno sullo sfondo del pensiero di Giussani, così come di approfondire i modi in cui certe sue intuizioni possono fecondamente essere riproposte nell’ambito del pensiero contemporaneo. I riferimenti a Tommaso, Newman, Blondel presenti nelle sue opere, ad esempio, e prima ancora la tesi di dottorato su Niebuhr ( Il senso cristiano dell’uomo secondo Reinhold Niebuhr) stanno a dimostrare la vastità delle sue letture e l’originalità delle sue posizioni. Ed è appunto su questi aspetti che si soffermano le altre due sezioni del volume. Nella seconda sezione il dialogo con alcuni temi dibattuti nel contesto contemporaneo è condotto dagli interventi di Sperotto, Acciaro, Martínez Riva, Campodonico, Gerolin, Ruiz López e Maddalena. L’ultima parte è invece dedicata, per un verso, a ricostruire alcuni momenti del retroterra filosofico giussaniano e, per altro verso, a sviluppare confronti con autori che possono essere considerati affini (attraverso i saggi di Pezzini, Mauri, Ponzio, Lomuscio, Buzzi, Llano Torres). Completa il volume un testo di Azurmendi sulla categoria di incontro.
In sintesi, ciò che emerge da questi scritti è la figura di un uomo che ha messo la sua cultura e la sua riflessione al servizio delle più profonde esigenze della vita, rispondendo a una vocazione educativa che lo ha condotto a far nascere un movimento ecclesiale capace d’incidere nel contesto attuale. Ciò che emerge, poi, è il suo stile di pensiero. E con esso l’indicazione di com’è possibile, anzi doveroso, fare filosofia oggi: non rinchiudendosi nella sterile ripetizione di schemi già da altri elaborati, ma ponendola al servizio delle concrete esigenze di senso che sono proprie dell’essere umano.