Paolo Pierobon in "De Gasperi - L'Europa brucia" di Carmelo Rifici - Foto Tommaso LePera
«Con De Gasperi ho scoperto che un comizio può raggiungere le vertigini di un’autentica poesia». L’attore Paolo Pierobon non poteva definire meglio l’emozione che riesce a trasmettere al pubblico attraverso le parole del grande statista che incarna in modo appassionato e appassionante in De Gasperi: l’Europa brucia, il nuovo spettacolo diretto da Carmelo Rifici e scritto da Angela Dematté. Una sfida non facile, ma pienamente vinta (visti anche i calorosi applausi al Teatro Carcano di Milano) quella di far rivivere a teatro le parole del grande statista ed oggi servo di Dio.
Rifici, in una scenografia bianca e scarna, quasi onirica, riesce con maestria ad alternare con ritmo incalzante frammenti dei comizi del primo Presidente del Consiglio della neonata Repubblica Italiana riprodotti in modo letterale a dialoghi con la figlia Maria Romana, sua assistente, (Livia Rossi), il presidente del Partito Comunista Palmiro Togliatti (Emiliano Masala), l’ambasciatore americano in Italia James Clement Dunn (Giovanni Crippa) e un ragazzo di Matera, bonificata nel 1953 (Francesco Maruccia). A un fuoriclasse come Pierobon, già allenato dalla prova di Robespierre e dopo il successo di Rapito in cui interpreta Pio IX, il carico e l’incarico di fare rivivere il fondatore della Democrazia Cristiana e del nostro Stato repubblicano, uno dei politici più influenti della storia del XX secolo. « Interpretarlo mai – ci spiega Pierobon -. Ho cercato di incarnarne il linguaggio, porto in scena un flusso di coscienza, non un personaggio».
Un flusso di coscienza che rende più umano il grande politico, mostrandocelo nella sua statura e nella sua complessità ripercorrendo gli anni della formazione del Patto Atlantico, della nascita dell’Europa che oggi conosciamo e viviamo. E che sin dall’inizio ci fa immedesimare emotivamente con colui che alla Conferenza di pace di Parigi nel 1946 dovette farsi carico di impersonare un’Italia sconfitta e inaffidabile agli occhi dei vincitori per il suo trascorso fascista, ma desiderosa e capace di partecipare attivamente alla ricostruzione dell’Europa. Un fil rouge quello della costruzione dell’Europa che rende questo spettacolo necessario in tempi come i nostri in cui l’afflato europeo si è non solo spento ma in cui rischia l’implosione stessa dell’Unione Europea. La conclusione dello spettacolo è amara sui destini del nostro continente con le parole scritte nel 2017 da Maria Romana De Gasperi, testimone diretta dei fallimenti di tanti ideali di suo padre e dei padri fondatori dell’Europa: «Chi ci darà l’entusiasmo? ».
Ce lo ridà in un’ora e mezza di spettacolo lo stesso Alcide De Gasperi col suo corpo a corpo con i suoi antagonisti, lui atlantista dapprima entusiasta e poi pragmaticamente consapevole della necessità di compromessi per bloccare l’avanzata bolscevica della Russia di Stalin. Con il passionale Togliatti un duello, umanamente rispettoso, fra due visioni della vita, dello Stato e del popolo totalmente opposte; con l’ambiguo ambasciatore americano le diatribe sull’indipendenza energetica italiana affidata a Mattei. E poi i dubbi rivolti a Dio sotto forma di preghiera nella chiesa di San Luigi dei francesi, la tenerezza nei confronti della figlia, i discorsi appassionati in Parlamento, fino alla morte nel 1954, in cui il concetto di democrazia viene motivato cristallino come noi oggi non siamo più abituati a sentire.
Lo spettacolo, in scena ancora oggi al Teatro Carcano di Milano e poi in tournée, è una coproduzione tra Teatro Stabile di Bolzano, LAC Lugano Arte e Cultura, La Fabbrica dell’attore/ Teatro Vascello di Roma e Centro Servizi Culturali Santa Chiara e si avvale della collaborazione con Fondazione Trentina Alcide De Gasperi e CTB – Centro Teatrale Bresciano. Occorre riconoscere il grande lavoro d’archivio fatto dall’autrice Angela Dematté: « Da anni desideravo lavorare sulla figura politica di Alcide De Gasperi. Mi affascinava la sua retorica, la sua emotività alla Conferenza di pace di Parigi dell’agosto del ’46 mi colpiva moltissimo. Poi vidi un suo discorso appena tornato dal viaggio in America, nel gennaio del ’47. Mi sembrava di sentire un altro uomo. Cos’era successo nel mezzo?». Lo spettacolo per la Demattté pone interrogativi per indagare la democrazia che ancor oggi viviamo: «Cresciuto in una valle di montagna, educato all’umiltà e alla correttezza, com’era riuscito a gestire i compromessi che la gestione del potere prevede?». La fonte è l’eccezionale lavoro di archivio fatto dalla figlia di De Gasperi Maria Romana e dalla fondazione Trentina a lui intitolata. « E mi è venuta in soccorso Valentina Grignoli, per sondare le centinaia di lettere e discorsi dello Statista, le parole dei nemici politici come Togliatti, quelle della figlia, dei parenti, degli amici… - aggiunge l’autrice -. Attraverso i dialoghi con altri quattro personaggi ho cercato di indagare la democrazia che ancor oggi viviamo».
Per il regista Carmelo Rifici è necessario guardare alle origini delle grandi repubbliche europee per comprendere a che punto siamo della nostra democrazia. « Parlare di De Gasperi per me significa guardare dal tempo presente, attraverso una lente sul passato, ad un possibile futuro – spiega il regista che desidera porre domande col suo spettacolo -. Per quanto tempo ancora reggeranno i pilastri della nostra democrazia? è mai esistito un progetto europeo? C’è mai stato un momento della storia in cui la parola democrazia sia riuscita a manifestarsi negli apparati statali, senza dover fare fin troppi compromessi con i giochi di potere e le espansioni commerciali?”. Al termine dello spettacolo, comunque, commozione e tanta nostalgia per giganti come De Gasperi che almeno nel futuro ci hanno creduto.