che cura l’anima Vederli ballare è una sorpresa assoluta, perché è difficile immaginare una distanza più grande di quella che, secondo il senso comune, esiste tra il mondo della danza e la realtà delle persone disabili. Ma colmare questa distanza è possibile, e la compagnia Dreamtime ne è la prova. Nata nel 2001 insieme al Festival internazionale che porta lo stesso nome, la compagnia riunisce un numero variabile di ballerini con diverse disabilità, di tipo fisico, mentale o sensoriale, che si cimentano con l’antica arte della danza raggiungendo risultati incredibili. Il progetto è prodotto dall’associazione culturale Viaggiatori dell’Anima, presieduta dalla danzaterapeuta Paola Banone, e dal 23 al 25 maggio porterà in scena al Teatro dell’Arte della Triennale di Milano uno spettacolo di teatro-danza unico nel suo genere, dal titolo “TreD - Design, Danza, Disability”. Sul palco, infatti, i ballerini disabili della compagnia Dreamtime si esibiranno insieme a danzatori professionisti, tra cui alcune eccellenze del Teatro alla Scala, come Emanuela Montanari, Christian Fagetti e Stefania Ballone, che cura anche la coreografia. A coinvolgerli e a volerli fortemente sul palco è stata la madrina della compagnia, l’ex direttrice della scuola di ballo della Scala Anna Maria Prina. Un’icona della danza internazionale che dal 2011 ha deciso di collaborare al progetto Dreamtime. «Dopo aver lasciato la Scala nel 2006 ho iniziato a guardarmi intorno su un orizzonte più ampio», racconta Prina ad “Avvenire”. «E così mi sono avvicinata a questo gruppo, che ha l’obiettivo di far avvicinare alla danza persone affette da disabilità medio-gravi, sia dal punto di vista fisico che neurologico o psicopatologico». Persone che mai si sarebbero cimentate con una disciplina complessa come la danza. «Mi sono appassionata anche perché ho sviluppato un “modo”, che non è un vero e proprio metodo, ma un approccio basato su una serie di esercizi che hanno lo scopo di far stare meglio, prendendo spunto non solo dalla danza classica, ma anche da altre discipline come il Pilates. Alcuni di loro sono arrivati persino a fare qualche esercizio alla sbarra», spiega la ballerina. «Chi può li fa in piedi, chi non ci riesce li fa da seduto. Adorano la sbarra, perché dà molto l’idea del mondo della danza classica». Alunni così particolari rappresentano una sfida anche per una maestra di ballo con oltre trent’anni di esperienza. «Il lavoro con loro è stato abbastanza lungo: da parte di Paola Banone si basa molto sull’improvvisazione, e questo è stato un aspetto che io per prima ho dovuto imparare, visto che nella danza classica non si improvvisa. Attraverso l’improvvisazione e l’imitazione dei movimenti miei e di altri ballerini, le persone disabili rielaborano e interpretano i movimenti ». Con risultati sorprendenti: «Tra loro c’è un signore anziano, ad esempio, che ogni volta mi stupisce, arrivando dove non immaginavo riuscisse ad arrivare». Avere a che fare con le persone disabili non è comunque facile. «La chiave è l’ascolto e la relazione. Bisogna ascoltarli tutti, chi parla e chi non è in grado di farlo, altrimenti non si riesce a “sentire”, a percepire i movimenti che fanno» sottolinea Prina. Attraverso l’ascolto si riesce a stabilire un contatto tra queste realtà apparentemente così lontane, e il risultato è evidente in “TreD - Design, Danza, Disability”. «Lo spettacolo è il risultato di un processo di ricerca e di studio con corpi differenti», spiega la madrina. «In TreD si avvicinano mondi molto lontani, quello della danza e quello della disabilità, creando un legame che conduce noi danzatori attraverso una soglia invisibile, verso nuove prospettive. Il passaggio dal passato al futuro sarà rappresentato dalla mia esperienza e dalla mia storia, dato che ho sempre amato l’avanguardia. Aspiriamo a far capire che c’è sempre un futuro, c’è sempre qualcosa di nuovo da fare, sia tecnicamente, sia nell’animo. Per questo parliamo di “design dell’anima”». Vedere i danzatori disabili sul palco assieme ai professionisti della Scala è un sogno che si realizza per la fondatrice di DreamTime, Paola Banone: «Solo qualche anno fa sarebbe stato impensabile presentare in scena uno spettacolo simile, ma ci piace inseguire i sogni, raggiungerli e realizzarli », spiega. «In questo progetto, la nostra ricerca improvvisativa in danza combina la precisione gestuale del danzatore classico con la poesia di corpi diversi. I risultati sono nuovi, imprevedibili e meravigliosi equilibri che non mancheranno di stupire il pubblico». La danza è un’attività preziosa per aiutare le persone disabili e a stare meglio, attraverso un approccio differente rispetto a quello applicato nelle case di cura e nei centri. «Alcune volte sono talmente felici di fare lezione, di preparare gli spettacoli, che anche io mi commuovo », spiega Prina. «La nostra è un’operazione sociale che unisce due mondi diversi, che nessuno immaginava potessero convivere. Il mondo va per la sua strada ma basta poco per far sentire queste persone finalmente felici e comprese. Ho visto in loro miglioramenti straordinari, nel camminare, nel parlare. Tutto questo colpisce e dà una grande gioia. Finalmente si sentono trattati come persone».
© RIPRODUZIONE RISERVATA Milano, Teatro dell’Arte
TRE D Design, Danza, Disability Dal 23 al 25 maggio
SUL PALCO A destra, la compagnia Dreamtime In basso, un momento delle prove
La compagnia Dreamtime riunisce ballerini con varie disabilità e le stelle della Scala Con incredibili esiti terapeutici Il progetto