L'arcivescovo di Recife, Helder Camara, con madre Teresa di Calcutta il 30 maggio 1985 - Ansa/Epa
«La grande fame e sete del nostro tempo è fame e sete di giustizia». Oltre mezzo secolo dopo, le parole di Hélder Câmara continuano a risuonare nella loro potenza profetica. O bispinho – il “vescovino” in portoghese – lo chiamavano per la sua statura piccola e minuta, inversamente proporzionale alla grandezza dello spirito. Non è facile riassumere la figura di questo pastore brasiliano appartenente, come lo definì padre Bartolomeo Sorge, «alla schiera dei profeti che Dio ha suscitato nella stagione del Concilio: testimoni coraggiosi, umili nella loro libertà di parola, fedeli al Vangelo e obbedienti alla Chiesa, per lo più incompresi e guardati con sospetto, ma la cui memoria è una benedizione».
In Hélder Câmara. Il clamore dei poveri è la voce di Dio Anselmo Palini ne propone un ritratto autentico, in cui la vicenda umana e il ministero di dom Hélder sono narrate con rigore, a partire dalla nascita della vocazione, gli anni dell’integralismo conservatore e della vicinanza ai potenti, l’esperienza conciliare e la scoperta della voce del Signore nei troppi poveri lasciati ai margini del Brasile.
Un «lungo cammino di conversione », scrive Palini che l’ha portato a «vedere nei poveri il volto di Cristo, a sentire il dovere della denuncia di tutto ciò che deturpava questo volto, ad annunciare in tutto il mondo il Vangelo di giustizia e di pace, a farsi propugnatore della non violenza, a esigere, da se stesso in primo luogo, poi dalla propria Chiesa, una più convinta testimonianza di libertà e povertà» Il primo incontro con gli oppressi avviene nelle favelas di Rio. Con il Concilio e la sua ricezione in America Latina e con la Conferenza di Medellín, comprende che i valori del Regno vanno incarnati e non solo affermati a costo di diventare scomodo, e dom Câmara lo era).
Non sorprende che la dittatura brasiliana, iniziata nel 1964, negli oltre due decenni di potere, abbia visto in lui, diventato pastore di Olinda e Recife, un nemico da emarginare, vigilare, perseguitare. “Il vescovo rosso”, lo definivano. Accuse simili a quelle mosse a un altro grande profeta latinoamericano, Óscar Romero, martire e santo.
In realtà, per entrambi la scelta è radicata nel Vangelo non nella teoria politica. «Chi vive dove milioni di creature umane soggiacciono a condizioni disumane, se non è sordo sente il clamore degli oppressi. E il clamore degli oppressi è la voce di Dio», scrive dom Hélder di cui è in corso la causa di beatificazione. La partecipazione alle sofferenze dell’altro, l’indignazione per il dolore innocente, in lui non si trasformano mai in rancore.
La profezia è un atto d’amore per la vittima quanto per il carnefice, di cui l’ingiustizia praticata mutila l’umanità. È sufficiente leggere i versi composti dal vescovo per comprenderlo con chiarezza. Come lo splendido Appello a Lazzaro: «Per l’amore che ho per i ricchi, che non devo giudicare, che non posso giudicare e che costarono il sangue di Cristo, io ti chiedo, Lazzaro, non stare per le scale e non lasciarti scacciare. Irrompi nella sala del banchetto, vai a provocare nausea nei sazi commensali. Portagli il volto sfigurato di Cristo, di cui hanno tanta necessità, senza sapere e senza credere»
Anselmo Palini Hélder Câmara Il clamore dei poveri è la voce di Dio Ave. Pagine 234. Euro 14,00