Il cantautore romano Mario Castelnuovo, 68 anni, il Poeta di Trastevere - ANSA
Il cantautore romano nel 1982 stupì e divenne un caso al Festival di Sanremo con il brano “Sette fili di canapa”: «Vennero i carabinieri in albergo... Baudo capì e due anni dopo tornai per cantare “Nina” Fu un successo, ma io da allora mi considero un debuttante perpetuo» C’è un millennial che si aggira per la casa e dice «vorrei essere stato giovane negli anni ‘80». Lo dice con la stessa aria stralunata di quel poeta con la camicia bianca e sopra il gilet una sciarpa di seta rossa da bohemien romano qual è rimasto il 68enne cantautore Mario Castelnuovo.
Sette fili di canapa scatena la censura e chiamano i carabinieri
Aveva 27 anni nel 1982, quando lasciò il cavalletto e la tela su cui stava dipingendo un ritratto in piazza Navona e irruppe al Festival di Sanremo. E stupì tutti con la sua criptica quanto soave Sette fili di canapa. Canzone sibillina, secondo la pubblica ottusità, che dopo i Sanremo sbornia post-Vasco Rossi suonava come un inno alla canapa, alias, un invito alle droghe. «Oggi ci rido su, ma quella volta a Sanremo i carabinieri fecero irruzione nella mia camera d’albergo e dovetti spiegare la canzone riga per riga a loro e ai dirigenti Rai che erano in odore di censura». «C’erano sette Cristi a Follonica ed un ateo sul Sinai », cantava e canta anche questa sera il poeta di Trastevere. Allora si alzò un polverone che arrivò fino in Vaticano. « Ma come per Dio è morto di Guccini, la Chiesa anche per la mia canzone reagì nella maniera più nobile. I malpensanti videro in quei versi dell’ateismo intollerabile, io invece innocentemente descrivevo una scena di vita paesana nella Val d’Orcia, la terra di mia madre, dove dei ragazzini sognavano a voce alta di avventure lunari a Follonica che per loro era esotica quanto la Giamaica. Un amico cantautore (Antonello Venditti) mi disse infatti: “Mario hai sbagliato, al posto di Follonica dovevi metterci Giamaica”. Lui la mise in una sua canzone ( Cinzia) e funzionò…». Anche Castelnuovo alla fine funzionò, e colpì fin dall’esordio il primo vero “dittatore” artistico sanremese, Pippo Baudo. «Sarò sempre grato a Baudo, che da uomo colto capì al volo che Sette fili di canapa era un testo frutto dei miei studi di storia medioevale. Un brano di una purezza disarmante, da debuttante perpetuo quale sono rimasto, che a sua volta aveva constatato, con amarezza, di essere finito nella trappola ferale dello showbusiness. Un agguato da cui ho cercato di difendermi tutta la vita cantando e credendo esclusivamente nelle emozioni e nello stupore come ultimi segni vitali».
Il successo, "Nina" e il Q Disc con Kuzminac e Ferradini
Il successo allora scacciò via i cattivi pensieri e convinse anche chi aveva invocato lo spettro della droga. Per quello doveva andare al cinema a vedere I ragazzi della periferia sud, in quel film c’erano storie di tossicodipendenza e la colonna sonora affidata a Mario Castelnuovo. « Il regista, il pasoliniano Gianni Minello, si innamorò della mia canzone Le aquile e la inserì nel film. Intanto io dopo quel Sanremo avevo registrato il Q disc con Goran Kuzminac e Marco Ferradini. Una grande esperienza di condivisione artistica e umana, tre anime e tre storie diverse fuse in quel cantautorato di allora in cui contemporaneamente rubavi e regalavi agli altri». Nell’84 Sanremo bis con Nina che rimane una delle canzoni più romantiche e struggenti mai ascoltate sul palco dell’Ariston. « Nina è la crasi di Nino, nome con cui in famiglia chiamavano mio padre Lodovico, pittore, nato sul Lago Maggiore, a Maccagno, e mia madre Marisa, senese venuta al mondo a 160 km da Roma come ho intitolato un’altra canzone dedicata a lei. In Nina racconto la loro storia d’amore, sbocciata in una Roma in guerra, minacciata dai bombardamenti... Oggi tremo quando penso che mentre canto quella canzone ci sono migliaia di ragazzi in Ucraina e nel mondo che devono convivere con il terrore delle bombe. E noi che facciamo? I nostri ragazzi, al riparo per fortuna, schermati dai cellulari si bombardano continuamente di messaggi social e tutti confessano le cose più idrauliche della propria vita. Io allora mi chiedo: visto che in questo mondo globale ormai tutto viene socializzato, ma perché non globalizziamo la sofferenza? Vorrei tanto che condividessimo di più il dolore degli altri e che ci svegliassimo tutti presto dentro a una primavera diversa».
Le preghiere laiche del Poeta di Trastevere
E’ la preghiera laica di chi a suo tempo si era appellato a Santa Maria delle caramelle e poi alla Madonna di Venere. «Quest’ultimo è un brano dell’87 in cui parlo ancora di mio padre colpito dalla Spagnola. Un testo che dopo la pandemia, da cui siamo scampati, suona quasi come una profezia, ma anche un monito a ricordarci che vale sempre la pena lottare, anche quando le battaglie sembrano vinte». Non si è mai arreso Castelnuovo, anche nei meno sfavillanti anni ’90, quando appartato, come sempre, ( «uso il telefonino come un elettrodomestico e Facebook solo per informare dove tengo i miei concerti») immaginava Come sarà mio figlio. « In quella canzone che dà il titolo all’album, è un po’ come il film di Monicelli, dicevo: “speriamo che sia femmina”. E nel 2008 è nata Nina alla quale ho dedicato Guarda La Luna Nina ». Monicelliano è anche l’attore Alessandro Haber, per il quale ha scritto Strega inserita nell’album Haberrante. «Mi affascina da sempre la magia del grande schermo, così come adoro l’ironia, ma soprattutto credo nella vita. E la vita è profondità ». Come erano venute buone le ciliegie nella primavera del 42” è sicuramente il titolo più profondo della sua produzione musicale, iniziata nel 1981 con Oceania. «Quello è un verso di Beppe Fenoglio, uno degli scrittori che ho amato di più e il disco è impreziosito dalla voce di Lina Wertmüller, grande donna di cinema che ho conosciuto grazie a Lilli Greco, il maestro di tutti noi cantautori che ci ha insegnato a fare le “canzoni stradarole”, quelle che zampillano come il vino buono dalle cantine dove un po’ tutti abbiamo cominciato il nostro percorso».
Il viaggio prosegue, prossima fermata Firenze
Il viaggio di Castelnuovo prosegue, tra la pittura e la scrittura letteraria ( «ho finito il mio terzo romanzo, Irene che dorme , che contiene tutte le emozioni che mi ha trasmesso l’incontro con Simona Viciani, traduttrice italiana di Bukowski) e musicale, e da Roma approda a Firenze. Città che aveva omaggiato con il brano Gli occhi di Firenze (storia di un allievo del pittore Sandro Botticelli). «Su commissione del Comune sto curando la “Carta d’identità di Firenze”, canzone e video si potranno vedere e ascoltare da settembre. Nel frattempo invito tutti ai miei live e come dico sempre dal palco: le nostre solitudini virtuali plachiamole conoscendoci dal vivo». Il poeta di Trastevere imbraccia la chitarra e si congeda dal suo pubblico con Viale dei persi: « Ma c'è ancora vita sul viale dei persi, nascono viole fra tegole antiche, c'è un posto per tutti sai, fra un forse e un addio e un treno ripasserà di nuovo di qui...».