sabato 28 maggio 2022
L’anima dei Nomadi presenta un disco da solista “Sarà per sempre”: «Sono le mie musiche per il cinema. La pandemia mi ha insegnato che a volte non servono le parole»
Beppe Carletti, 75 anni, fondatore nel 1963 con Augusto Daolio della band dei Nomadi

Beppe Carletti, 75 anni, fondatore nel 1963 con Augusto Daolio della band dei Nomadi

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E' alla vigilia dei 60 anni dei suoi Nomadi, Beppe Carletti. E il prossimo 7 ottobre saranno 30 senza Augusto Daolio, colui con il quale a sedici anni fondò nel 1963 il più iconico gruppo musicale che l’Italia abbia mai avuto. Un mondo parallelo e interiore, nel contempo. Un anello di congiunzione tra generazioni, una sorta di valoriale saldatura tra la civiltà contadina e quella del consumo, il passaggio tra due millenni di un popolo di devoti che continua a identificarsi nei Nomadi. Stasera da Fontaneto d’Agogna, in provincia di Novara, parte il loro nuovo tour, l’ennesimo a segnare le stagioni e gli anni, mentre Beppe Carletti ha appena dato alle stampe Sarà per sempre, un cd tutto strumentale (distribuito da Ada Music - Universal Music) che contiene nuove composizioni frutto dei due anni di pandemica reclusione e alcune vecchie colonne sonore per il cinema composte anni addietro come Trek Point, La rugiada di San Giovanni e Passi di danza, da cui è tratto il singolo Pomeriggio d’autunnocon il videoclip della regista Silvia Monga.

Carletti, come mai questa sortita da solista mezzo secolo dopo quella come Capitano Nemo?

L’occasione me l’ha data la pandemia, con questa momentanea sosta forzata era il momento di guardarmi un po’ dentro. Così ho tolto ogni interferenza esterna, compreso il canto, e ho riscoperto l’eloquenza della musica, che a volte non necessita delle parole. Quando ho scritto questi brani per alcuni film e cortometraggi, mi ero limitato a leggere i copioni ed ero stato libero di immaginare e comporre, proprio perché non avevo visto le immagini. A guidarmi era soltanto la forza di una melodia. La grande assente di questo periodo musicale.

Perché, secondo lei?

Credo che la scarsa creatività melodica di questi anni sia dovuta anche al fatto che produ-È cendo sempre più musica al computer ci si dedica meno agli strumenti, si passano meno ore alla chitarra e al piano. Le melodie spesso vengono sudando e suonando con intensa applicazione anche manuale. Oltre a questo va detto che la musica che si produce rispecchia anche il momento storico che stiamo vivendo, che non è certo di grande ispirazione. Ma queste sono forse riflessioni di un uomo di altri tempi per il quale la melodia viene prima del ritmo. E pensare che noi italiani siamo stati i campioni della cantabilità...

I tempi sono cambiati...

Sì, ma io vedo sempre più volti spenti soprattutto tra i giovani. Quando vado nelle scuole a incontrare gli studenti e chiedo che cosa desiderano, non rispondono quasi mai perché non conoscono la vita reale, sono troppo immersi nel loro mondo finto e virtuale di TikTik e dei social. Il mio appello è sempre quello: fate della musica perché starete bene. Non fatevi portare via il tempo più bello della vostra giovinezza guardando cose inutili sui telefonini. Suonate uno strumento, vi ricambierà in emozione e ispirazione. È una terapia incredibile. Io ho appena acquistato un nuovo modello di organo Hammond (il mio quarto). Anche se non uso il computer per comporre, non rifiuto affatto le nuove tecnologie però mi trovo bene con ciò che ho sempre suonato in tutta la mia vita. Ne ho altri tre: uno in sala di registrazione, uno a casa e uno per i concerti. Il mio primo lo comprai nel 1969 e firmai diverse cambiali.

Pensa di dedicarsi ancora in futuro alla pura composizione?

È stato solo un momento di particolare introspezione. Ma io non sono mica Morricone... Anzi, proprio ora che ho fatto questo disco di sole musiche penso con commozione a quanto è stato grande e insuperabile Ennio. Era posseduto dal suono ed è stato sopra tutti, anche nel suo modo di concepire il lavoro musicale. Alle 6 di mattina era già in pista, il genio in lui prendeva vita all’alba. Ho avuto la fortuna di conoscerlo ai nostri albori.

Anche voi siete sorti all’alba di una grande stagione musicale...

Con Augusto ho condiviso tutto. A ottobre sono 30 anni dalla scomparsa e da allora lo ricordiamo in ogni nostro concerto perché è sempre presente in noi e nel nostro pubblico.

Cosa avete in programma per questo anniversario?

A parte la messa che ogni anno viene celebrata il 7 ottobre per lui, non so ancora cosa organizzeremo di altro considerando anche che l’anno prossimo saranno sessant’anni di Nomadi. Nel 2023 faremo un tributo ad Augusto il 18 febbraio, la sua data di nascita. Di sicuro saranno mesi tutti imperniati su Augusto. Io, personalmente, se arrivo ai 60 anni di Nomadi è perché i 30 in cui siamo stati insieme sono stati speciali e unici. Ci siamo sempre divertiti e non abbiamo mai litigato una sola volta. Siamo diventati uomini suonando insieme, abbiamo edificato la nostra essenza.

Il vostro segreto?

Ci siamo sempre fidati l’uno dell’altro, lui mi diceva: se hai pensato di fare così, fai pure che per me va bene. Per lui il gruppo era la famiglia. Non gli è mai balenata l’idea di fare il cantante solista. È stato l’unico cantante di un gruppo che non si è mai pensato in solitaria. In lui non c’era nessuna spinta individualistica, non gli interessava. Una volta un produttore gli aveva prospettato l’ipotesi di fare cose da soli, lui alla voce e io al sintetizzatore, ma non ne volle proprio sapere. Un anno però chiamò Enrico Simonetti che aveva composto la colonna sonora di un film e voleva la voce di Augusto. Nel frattempo io avevo fatto dei singoli come Nemo. Ma è stata solo una parentesi.

Com’era nata quella digressione?

Eravamo in sala d’incisione, avevamo finito un giorno prima ma la Emi aveva già pagato un altro giorno di affitto. Così mi sono messo a fare un po’ di cose al sintetizzatore ed era stato chiamato anche il sassofonista Gil Ventura. Ne sono nati due 45 giri che ebbero un successo incredibile, vendendo 120mila copie, era il 1972. Ma non amavo tanto l’esperienza da solista e comunque come pianista non sarei in grado di sostenere dei concerti. Non a caso suono da 60 anni in un gruppo...

La pandemia ha condizionato i vostri storici progetti di aiuto ai Paesi in via di sviluppo?

Quelli sono proseguiti, io però non sono più riuscito ad andare a vedere di persona quanto viene fatto con gli aiuti che raccogliamo tra i fans. Ora però riprenderò e la prima tappa sarà il Madagascar dove grazie al popolo dei Nomadi seicento ragazzi possono studiare e fermarsi a mensa. È una goccia nel mare, ma il futuro dei meno abbienti è sempre di più anche il nostro.

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