«Potessi interrompere la recita del 7 dicembre, mentre il pubblico in sala mi sta ascoltando e mentre su Rai 1 e sulle tv e nei cinema di molti Paesi del mondo va in diretta la Madama Butterfly di Giacomo Puccini che inaugura la nuova stagione del Teatro alla Scala, lo farei. Certo, poi mi caccerebbero…».
Scusi? Interrompere la Prima della Scala? Perché, María José Siri?
«Per lanciare un appello. Per chiedere dove è finita la nostra umanità e perché non facciamo sentire la nostra voce di fronte agli orrori del mondo. In Turchia vorrebbero approvare una legge che attraverso un “matrimonio riparatore” garantisce l’impunità a chi ha stuprato una bambina. E noi stiamo in silenzio? Oggi Cio Cio San, la protagonista della Butterly di cui in scena vesto il kimono, sarebbe una bambina della Turchia. O una delle tante donne che subiscono violenza, tradite dagli uomini di cui si fidavano ».
La racconterete così, lei, il direttore d’orchestra Riccardo Chailly e il regista Alvis Hermanis alla Scala?
«Nessuna attualizzazione, siamo nel Giappone del 1904 come voleva Puccini. Atmosfere da teatro kabuki e due mondi contrapposti, l’Oriente e gli Stati Uniti. Con il regista stiamo lavorando sull’interiorità del personaggio. Sarà poi la storia, raccontata in musica da Puccini, a parlare al nostro oggi. Siamo abituati a vedere le cose brutte che avvengono nel mondo e la nostra anima di fronte a tanto dolore e orrore rischia di essere anestetizzata. Noi artisti abbiamo il compito di risvegliare le coscienze. Spesso mi capita di chiedermi: ma dove è finita la nostra umanità? Tante volte mi sento impotente. E taccio anch’io come fanno quasi tutti. Questa volta, però, proverò a farmi sentire attraverso la musica».
Ci vuole coraggio, tanto più che il 7 dicembre lei debutta nel ruolo di Cio Cio San.
«Le sfide non mi spaventano, anzi mi stimolano a fare sempre meglio. Medito molto su quello che devo fare, in scena e nella vita, e una volta deciso mi sento in pace con me stessa e affronto le diverse situazioni con il cuore sereno. Questa volta, poi, ho la fortuna di avere di fronte a me, sul podio, Riccardo Chailly».
Il direttore ha messo sul leggio la partitura originale di Puccini, quella che andò in scena proprio alla Scala il 17 febbraio del 1904, ma venne fischiata.
«Speriamo di rendere giustizia all’autore, ripagandolo dopo più di cent’anni da quell’insuccesso ingiustificato. Ho potuto vedere nell’archivio Ricordi i mano-scritti originali di Puccini: a volte la scrittura è istintiva, buttata sul foglio rapidamente, mentre in altri passaggi la grafia ordinata lascia intravedere una maggior meditazione. La Butterfly originale è, se possibile, ancora più tragica e dura di come siamo abituati ad ascoltarla e vederla, perché racconta la fine di tutte le speranze. Ma nella musica c’è una profonda compassione. Quando Sharpless dice “Quanta pietà…” sento che quelle sono le parole di Puccini, è il suo sguardo sul suo personaggio. Il compositore si commuove raccontando le vicende di questa ragazza, lo senti ben chiaro nella musica. Come interpreti dobbiamo cercare di arrivare al cuore del pubblico, muovere le loro emozioni, far vedere come la storia di amore e dolore di Cio Cio San racconta qualcosa anche della nostra vita».
Lei cosa mete della sua in scena?
«Parecchio. Nella mia Cio Cio San c’è la sofferenza di me quindicenne quando ho vissuto un grande amore, intenso come tutti gli amori adolescenziali, che poi ha dovuto fare i conti con l’esperienza del tradimento. Porto poi il mio essere madre. E da mamma capisco il valore del sacrificio di Butterfly che per il figlio vuole un futuro migliore del suo: lei a soli quindici anni ha dovuto fare la geisha per sconfiggere la povertà e la miseria. Ha creduto nell’amore di Pinkerton, ma il marinaio americano è stata la cosa peggiore che le potesse capitare perché con il finto matrimonio ha mostrato di non avere nessun rispetto per la vita e per il cuore della ragazza. Una storia che si ripete. Ecco dove sta l’attualità della mia Cio Cio San. Mia, di Chailly e Hermanis, perché io mi sento parte della stoffa con la quale tutti insieme stiamo costruendo il personaggio. E Puccini, nella prima versione, con le mille battute poi tagliate, offre molto materiale per delineare al meglio una figura dalle mille sfaccettature, vittima della contrapposizione di due culture, cosa che oggi chiameremmo scontro di civiltà».
Butterfly soccombe al dolore e si suicida.
«Ma la sua morte inizia quando Pinkerton parte. L’impressione è quella che Butterfly nella sua lunga attesa del ritorno del marito sia già fuori dalla realtà, imprigionata in una vita parallela per disgiungere quello che avviene nella sua anima da quello che le succede intorno con il tempo che scorre e il figlio che cresce. Poi, quando c’è il corto circuito con la verità che si svela si lascia andare al destino e la tragedia si compie».
La sua prima volta all’inaugurazione del 7 dicembre. Tesa?
«Sono molto concentrata sul lavoro per avere il tempo di preoccuparmi della tensione della Prima. Per me il vero debutto sarà quello davanti ai giovani dell’Anteprima di domenica perché sono sicura che loro hanno cuori meno duri e la sensibilità giusta per accogliere il messaggio che vogliamo mandare. Loro sono il futuro e possono rendere il mondo migliore»