giovedì 25 luglio 2024
La neuroscienziata: «Contano molto gli influssi sociali, anche in positivo»
Sarah-Jayne Blakemore

Sarah-Jayne Blakemore - WikiCommons

COMMENTA E CONDIVIDI

«Un periodo unico di sviluppo biologico, psicologico e sociale»: definisce così l’adolescenza la neuroscienziata britannica Sarah-Jayne Blakemore, docente a Cambridge, che mette in evidenza le straordinarie potenzialità di questa fase della vita, nel corso della quale è in atto uno sviluppo cerebrale vorticoso, con ancora molti aspetti da approfondire. Blakemore, che è autrice di Inventare se stessi. Cosa succede nel cervello degli adolescenti (Bollati Boringhieri), di recente è stata ospite dell’Università della Svizzera Italiana a Lugano per ritirare il Social Research Prize dell’associazione Ciao Table e tenere una lectio magistralis sul cervello sociale degli adolescenti. «Nel periodo in cui frequentavo l’università, la metà degli anni ’90, s’insegnava che il cervello umano smette di svilupparsi nel corso dell’infanzia – spiega -. Ma negli ultimi due decenni, grazie a nuovi e numerosi studi, si è visto che in realtà non è così: lo sviluppo continua fino ai 20-25 anni. Sono molte le funzionalità che si evolvono, da quelle cognitive a quelle che riguardano il comportamento sociale. È la fase in cui il nostro senso d’identità si trasforma più profondamente.

Quali sono i cambiamenti più rilevanti che caratterizzano il cervello adolescente?

«L’adolescenza è un periodo in cui il cervello è straordinariamente plastico, in continua trasformazione, e l’influsso dell’ambiente e delle relazioni sociali è molto rilevante. Un aspetto fondamentale è la predisposizione al rischio. Per un adolescente è cruciale essere accettati dal gruppo: e per ottenere questo obiettivo è disposto a correre rischi esponendosi a comportamenti pericolosi o dannosi per la salute (ad esempio fumo e alcol). Dai nostri studi risulta evidente l’influenza sociale: gli adolescenti sono più disposti a correre rischi quando si trovano in compagnia degli amici».

Quali altre conseguenze ha sulla vita adolescente questa grande plasticità cerebrale?

«Siamo abituati a dare valore soprattutto agli aspetti negativi del condizionamento sociale. Ma lo stesso meccanismo vale anche per i comportamenti positivi, come il desiderio di fare volontariato e aiutare gli altri. Gli adolescenti sono estremamente sensibili all’influenza dei loro pari in questo campo. Ed è una caratteristica che può avere effetti benefici nelle campagne di salute pubblica. È stato fatto uno studio sull’efficacia degli interventi contro il bullismo in un gruppo di scuole statunitensi: in metà degli istituti gli incontri erano tenuti da insegnanti, secondo un metodo tradizionale, mentre nell’altra erano stati i ragazzi dagli 11 ai 15 anni, opportunamente formati, a parlare con i loro coetanei. In questo secondo gruppo di scuole c’è stata una diminuzione di episodi di cyberbullismo del 25% più alta».

In che modo gli adulti possono instaurare una relazione sana con gli adolescenti?

«Gli adulti hanno un ruolo fondamentale: non è vero che gli adolescenti non li ascoltano, gli adulti fungono da modelli di comportamento e da supporto. Le ricerche che stiamo svolgendo possono aiutare gli adulti a comprendere meglio il comportamento adolescenziale anche quando sembra irrazionale o irresponsabile. Si tratta di atteggiamenti che hanno una fondamentale motivazione di adattamento, li riscontriamo anche negli animali. Saperlo può renderci più facile accettarli».

Quali sono a suo avviso le cause dell’attuale crisi di salute mentale tra i giovani?

«Il lockdown ha certamente avuto un effetto più rilevante per i giovani rispetto agli adulti. Per un adolescente la mancanza di rapporti sociali può influire direttamente sullo sviluppo cerebrale. Riguardo alla salute mentale nei giovani, abbiamo dati allarmanti: molte malattie come la schizofrenia e la depressione si manifestano per la prima volta in adolescenza. Va detto anche però che in molti casi i problemi si limitano a questo periodo e in seguito si risolvono»”

Si dibatte molto dell’impatto negativo dei social media sulla salute mentale degli adolescenti. È di queste settimane l’uscita negli Stati Uniti del libro dello psicologo sociale Joanthan Haidt The anxious generation, di prossima pubblicazione in Italia, che punta il dito contro i servizi digitali, principali responsabili a suo avviso di questo peggioramento dello stato di salute mentale. Lei cosa ne pensa?

«L’ambiente ha un influsso sulla mente adolescente e può modificarne l’evoluzione, dunque anche l’uso dei social media; sarebbe strano il contrario. È però difficile provare con certezza che i social siano la causa diretta del disagio mentale in adolescenza. Abbiamo assistito a un aumento parallelo dell’uso di internet e dei sintomi depressivi, ma i dati possono essere letti anche in senso inverso: ovvero le persone depresse tendono a fare un maggior utilizzo dei social. Dipende anche da come si usano i social, se ad esempio lo si fa di notte, compromettendo il sonno, cosa che ha certamente un impatto sulla salute mentale, o se se ne fa un uso esclusivamente passivo. In Gran Bretagna una vasta ricerca ha monitorato per 9 anni la situazione di 17.400 partecipanti tra i 10 e i 21 anni. Abbiamo studiato come l’aumento dell’uso dei social in un anno fosse legato alla soddisfazione della propria vita nell’anno successivo, riscontrando che ci sono due momenti in cui la relazione fra social e salute mentale si fa critica: il primo è per le ragazze tra gli 11 e i 13 anni e per i ragazzi tra i 14 e i 15, il secondo è, per entrambi i sessi, a 19 anni. Si tratta di due periodi di grandi cambiamenti: il primo coincide con la pubertà e il secondo, in Gran Bretagna, è il momento in cui i ragazzi e le ragazze in genere lasciano la famiglia e vanno a vivere da soli: aumenta la vulnerabilità e l’impatto dei social è più evidente».

In quale direzione procederanno le sue ricerche nei prossimi anni?

«Attualmente mi sto concentrando sullo studio dell’isolamento e della solitudine tra i ragazzi e su come questo influenzi il loro cervello. Sappiamo che la solitudine è un rilevante fattore di rischio per i problemi di salute mentale. Nonostante la connessione continua i ragazzi sono molto soli e i social amplificano il senso di isolamento, mostrando situazioni di divertimento e condivisione da cui si è esclusi. A breve avrò anche modo di avviare ricerche che analizzeranno la struttura del cervello a livello cellulare, cosa che fino a oggi non è stata possibile. Abbiamo sempre studiato il cervello con strumenti, come la risonanza magnetica, che consentono un’analisi delle macrostrutture, ma sono in arrivo nuovi macchinari che consentiranno di arrivare al livello delle sinapsi. Lì cercheremo le risposte a molti dei quesiti insoluti sul funzionamento del cervello adolescente».

© riproduzione riservata

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI