sabato 8 settembre 2012
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Stiamo inventando la scuola che non c'èIl collegio docenti dell’IIS «Luosi» di Mirandola si tiene sotto la tensostruttura della Protezione civile attrezzata con qualche panca. Viene proiettato il progetto della futura scuola direttamente sulla tenda bianca. I primi prefabbricati saranno consegnati a metà ottobre ma a tutt’oggi non c’è nulla. Pochi fronzoli, tanta sostanza: bisogna inventare la scuola che non c’è. Dirigente e vicario hanno lavorato intensamente tutta l’estate per organizzare una «scuola fuori dalla scuola». Le aule non ci sono, ma apprendere è una esperienza fatta non tanto di muri quanto di cuore, testa e anima. Per questo nel primo mese di scuola sono stati organizzati stage linguistici all’estero, stage aziendali, soggiorni studio, gemellaggi e diverse conferenze di ambito economico, ambientale e sportivo. Il titolo delle conferenze è una sfida: «Il Sapere è antisismico». Mentre il dirigente e il vicario elencano le proposte senza nascondere difficoltà logistiche da affrontare, i docenti ascoltano con attenzione e, lungi dal lamentarsi, fanno altre proposte elaborate durante le calde vacanze estive.Diverse sono  le attività online per ovviare alla carenza di spazi interni in cui fare lezione. Mai come ora si può dire che la "scuola virtuale diventa reale". Commoventi le iniziative spontanee di raccolta di fondi e di proposte di collaborazioni gratuite da parte di enti, associazioni, scuole e cittadini privati.

Alda Barbi e Maura Zini

 
Io, pasticcera, vi dico: RAGAZZI, non mollateQuello che conta è il desiderio di imparare. Ogni giorno, a scuola come al lavoro. All’inizio del mio percorso nella scuola superiore (presso il Centro di Formazione Professionale In-presa di Carate Brianza, nel corso di qualifica per aiuto cuochi) non ero per nulla contenta di andarci. Ogni giorno volevo scappare, mi sentivo chiusa in gabbia. Finché ho partecipato con i miei compagni all’allestimento e alla gestione di un ristorante alla Fiera dell’Artigianato a Milano. Il mio compito era occuparmi della plonge, cioè del lavaggio di piatti e stoviglie. Molti pensano che sia un compito di poca importanza, io invece capivo bene che il mio lavoro era un pezzo molto importante per fare andare avanti tutto il ristorante, perché se non lavi le stoviglie rallenti tutto il ciclo di produzione e di servizio offerto ai clienti. Quindi era il mio modo per contribuire alla riuscita dell’evento.
E’ stato molto importante per una come me, che non aveva una gran voglia di stare sui libri, poter "assaggiare" delle esperienze lavorative, mi ha fatto appassionare a quello che studiavo. Nel secondo anno è stata determinante l’esperienza di stage, la possibilità di "guardare" il mio tutor aziendale, osservare la cura che metteva nel portare avanti il suo compito. Il terzo anno, la crisi! Grazie a Dio, per la preparazione dell’esame di qualifica la mia tutor e i prof mi hanno fatto capire che ce la potevo fare. È stato decisivo avere gente così al mio fianco, gente che ha aveva fiducia in me. Potermi appoggiare a persone che (più di me!) sapevano che il mio desiderio non poteva essere scomparso ma aveva solo bisogno di esser sostenuto, è stata la mia salvezza.

È così che, terminati gli esami, ho accettato di dedicare una parte delle mie vacanze lavorando in un ristorante. Il quarto anno ho scoperta me stessa nel mio lavoro. All’inizio non avevo voglia di studiare le materie teoriche, ma grazie ad un mio compagno di classe ho capito che non potevo metterle da parte, perché anche queste "rispondevano" al mio desiderio di imparare. Ora lavoro in una pasticceria, mi sento realizzata. E dico a quelli come me: non mollate mai, e… okkio ai maestri che incontrate sul cammino.

Claudia, ex alunna del corso di tecnico della ristorazione presso il Centro di Formazione Professionale In-presa di Carate Brianza (MB)

 

 
Perché HO DETTO TANTE VOLTE «sì»
Si ricomincia, anche oggi, anche con la crisi, anche tra le macerie dell’Aquila dove abito. Quest’anno ad Avezzano all’Istituto d’arte. 50 chilometri da casa: mi è andata bene rispetto ai 102 dell’anno scorso al liceo scientifico di Giulianova dove sono entrata in ruolo sulla cattedra di matematica. L’anno scorso è stato tosto: 2 figli, un master, l’anno di prova, lo sportello didattico tenuto quasi tutti i giorni a scuola dalle 13 alle 14.30, e L’Aquila che grida che io ci sia. Insomma tanti impegni, tanti "si" detti. Quest’estate, dopo gli esami di Stato, per qualche settimana ho dato una mano a un’iniziativa estiva della Città dei Ragazzi, un centro estivo costituito principalmente da volontari, per bambini tra i 5 e i 12 anni. All’inizio ho preparato un laboratorio molto semplice di magia (trucchi in cui c’entra la matematica, la fisica). Poi però stando con quei bambini mi sono affezionata così tanto che ho deciso di dare sempre più tempo. Abbiamo organizzato una caccia al tesoro dentro il centro storico, con tante prove e indovinelli. Prima, ogni volta che tornavo a casa dal centro storico, avevo un nodo alla gola. Quel giorno sono rientrata con la mente piena dei volti lieti dei bambini e dell’amicizia che stava crescendo con loro. Quel giorno all’Aquila, io, di macerie, non ne ho vista neppure una.

A scuola sta diventando normale pensare che la realtà sia tutta uguale, che nulla ha in fondo valore, a parte i soldi o la carriera, per cui molte persone non si coinvolgono più. Chi tra noi insegnanti si propone come coordinatore di classe, o per aiutare a fare l’orario scolastico senza una possibile retribuzione? Oggi, un giovane insegnante al collegio docenti si è alzato e ha detto: «Lo faccio io il coordinatore, voglio fare questa esperienza». Ecco il guadagno vero: conviene perché cresce la mia persona. Ecco il motivo dei miei tanti «sì».
 

Maria Grazia Cotroni, L’Aquila

 

 
Giovani reporter in azione
Il territorio di Termini Imerese è stato segnato dalla recente chiusura dello stabilimento Fiat, evento che ha proiettato l’esistenza di 2200 dipendenti in un orizzonte incerto. In questo contesto nasce l’esperienza di alcuni allievi del Liceo Classico «Ugdulena»: taccuino in mano e videocamera in spalla, si sono cimentati nella realizzazione di un docufilm,«500 sogni a Termini Imerese», e di un magazine informativo di approfondimento, «3,2,1…Fiat TG Magazine», per dare voce, con un pizzico di ironia, a operai, autorità, sindacalisti, visti non come numeri, ma nella loro dignità di persone. L’idea è nata due anni fa quando alcune allieve, figlie di dipendenti Fiat, esternano in classe durante un laboratorio di scrittura, il disagio vissuto in famiglia. La produzione di testi introspettivi e argomentativi e la partecipazione al Premio Nazionale Gaber 2011, sezione cinema, vinto proprio col docufilm prodotto, hanno dato nuovo impulso: di qui il magazine, socializzato su You Tube e su varie testate web. Utile veicolo di contenuti è stata la creazione su Facebook di gruppi di lavoro, divenuti poi "diario di bordo". Nella speranza che i loro sogni possano decollare, volare alti e tracciare nuove vie di consapevolezza e di partecipazione.
Marina Di Giorgi

 

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