lunedì 10 dicembre 2012
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​A Napoli, mercoledì, un pregiudicato è stato ucciso nel cortile di una scuola materna. A Scampia. In quell’immenso contenitore di cemento e di drammi umani. In serata in cattedrale, il cardinale Crescenzio Sepe e il magistrato Raffaele Cantone, pensosi, partendo dalla “lettera a Diogneto”, entrano in «dialogo con la città».Il magistrato ha fatto notare che i vecchi camorristi non avrebbero mai sparato a un uomo in un asilo mettendo a repentaglio la vita dei fanciulli. Mai avrebbero ucciso un prete in chiesa come avvenne con don Peppino Diana. Ai loro discendenti, invece, la cosa non fa problema e questo fatto rende tutto più drammatico. Oggi quasi tutti i camorristi storici sono rinchiusi in carcere. Il latitante più ricercato a Napoli è Marco Di Lauro, che ha solo 22 anni. La giovane età di questi moderni boss spaventa il popolo e chi lo governa. Sono ragazzi privi di esperienza, semianalfabeti, rimpinzati di cocaina, con Rolex d’oro al polso e portafogli gonfio in tasca. Sbruffoni e spericolati. Hanno solo sete di potere, di sangue di denaro. I valori per loro sono al contrario.È terribile vivere in un contesto che vede il mondo capovolto. Questi ragazzotti sono delle mine vaganti. Tutti, in qualsiasi luogo, a qualsiasi età, siamo in pericolo in una città che non riesce più ad assicurare serenità ai suoi abitanti. La guerra scoppiata in questi mesi all’interno del gruppo degli scissionisti è la copia di quella che avvenne a suo tempo nel clan Di Lauro. Identica e precisa. Tutto lascia prevedere che avrà la stessa, dolorosa parabola. La gente trema. I bambini piangono. I giovani scappano. Le periferie diventano sempre di più ricettacolo di rifiuti industriali, di campi rom improvvisati, di extracomunitari clandestini e gente che vive di sotterfugi. Napoli è destinata a diventare sempre più marginale nello scenario europeo se non vi si pone mano con fermezza e chiarezza di idee. Oggi. Adesso. Tutti. Nessuno escluso. Se il dialogo tra i quartieri della città non si fa intenso e fruttuoso. Se chi ha ricevuto di più dalla vita non si decide ad aprire cuore, animo, intelligenza ai meno fortunati. Se la cultura non smette di essere di élite. Se si continua a pensare che tenersi lontani da Scampia o da via Vanella Grassi possa bastare per mettersi al sicuro. Se Governo e Parlamento non si fanno carico di aiutarla a risorgere.La sera dell’omicidio nella scuola materna, 5 ministri partecipavano alla prima della Traviata al teatro San Carlo. Ai napoletani la cosa non piacque. All’esterno del teatro un gruppo di giovani prese a protestare, ma venne allontanato con la forza dalla polizia. È sempre imbarazzante quando queste cose accadono. È un errore madornale ricorrere alla forza quando se ne potrebbe fare a meno. Quei ragazzi sono la parte sana della città. Sono le sentinelle che lanciano l’allarme all’arrivo del nemico. Sono arrabbiati, è vero, ma solo perché continuano a sperare. Occorre fare più attenzione. Troppo ampio è lo spazio che separa i palazzi del potere dalla strada. Troppa la differenza economica tra le varie classi sociali. Troppi i politici in cui nessuno crede.Venerdì il ministro Anna Maria Cancellieri ha fatto visita alla scuola di Scampia. Ha incontrato i bambini con i loro genitori e gli insegnanti. Si è congratulata con loro per il coraggio e la forza d’animo dimostrati. Ha promesso maggiore interessamento per il futuro di Scampia. Il gesto del ministro è stato molto apprezzato. Le distanze tra chi governa e il popolo, unico sovrano, potranno essere accorciate solo in questo modo: andando di persona là dove la gente vive, lotta e spera e mettersi seriamente in ascolto di ciò che ha da dire. E poi… mantenere la parola data.
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