Tariffe alte, bollette troppo salate per famiglie colpite dalla crisi e rimaste senza fonte di reddito o addirittura erogazione a singhiozzo e rubinetti a secco in intere zone dell’isola. L’accesso all’acqua non è scontato in Sicilia e il cardinale Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento, lo ricorda pubblicamente con un intervento in cui ha chiesto con urgenza un provvedimento legislativo: «La politica trovi un punto d’arrivo per regolamentare la questione “acqua”, fare chiarezza e dare al cittadino siciliano le risposte che chiede da anni». Nelle varie province siciliane la privatizzazione del servizio ha dato esiti contrastanti: a Palermo è fallita Acque potabili siciliane, a Siracusa Sai8; restano in piedi le società di Agrigento, Enna, Caltanissetta; mentre in moltissimi comuni i sindaci non hanno mai concesso le reti ai privati.«Altre volte mi sono trovato ad esprimere il mio pensiero sull’acqua, a sostenerne l’importanza vitale e a rivendicarne il diritto per tutti – scrive il cardinale Montenegro –. Constato purtroppo la violazione di questo diritto. Mi preoccupa il fatto che non pochi hanno difficoltà ad assicurarsi la fruibilità di un bene di tutti, tanto da restarne completamente privi nel caso non siano in grado di pagare il dovuto». E cita testualmente l’articolo 14 dello Statuto della Regione siciliana, che considera l’acqua «bene pubblico non assoggettabile a finalità lucrative, quale patrimonio da tutelare, in quanto risorsa pubblica limitata, essenziale ed insostituibile per la vita e per la comunità, di alto valore ambientale, culturale, sociale». Concetto, in verità, recepito nel nuovo disegno di legge approvato ieri sera all’Ars, come ricordava il grillino Giampiero Trizzino, presidente della commissione Ambiente al Parlamento regionale.«La risoluzione approvata dall’Assemblea generale dell’Onu il 28 luglio 2010 rimarca che la disponibilità e l’accesso all’acqua potabile e all’acqua necessaria per il soddisfacimento dei bisogni collettivi – ricorda ancora l’arcivescovo agrigentino – costituiscono un diritto umano, individuale e collettivo non assoggettabile a ragioni di mercato. Per ultimo in ordine di tempo, papa Francesco, poco più di due mesi fa, nella sua lettera enciclica
Laudato si’, trattando sulla cura della Casa Comune, prova a delineare percorsi di dialogo che aiutino ad uscire dalla “spirale di autodistruzione in cui stiamo affondando”. Francesco ha ricordato che “l’accesso all’acqua potabile e sicura è un diritto umano essenziale, fondamentale e universale, perché determina la sopravvivenza delle persone e per questo è condizione per l’esercizio degli altri diritti umani”. Non permettere ai poveri l’accesso all’acqua significa negare “il diritto alla vita radicato nella loro inalienabile dignità”».