Qualcosa è già cambiato, se il proprietario dello stabilimento balneare nel quale a Catania si sono spiaggiati i corpi di sei immigrati, ha deciso di chiudere per due giorni. «È la prova che la scelta di Bergoglio, con quel suo sbarco a Lampedusa, sta scavando le coscienze», dice padre Giovanni La Manna, responsabile del Centro Astalli, la sezione italiana del
Jesuit Refuggee Service. «Siamo una società che ha dimenticato l’esperienza del piangere, del "patire con": la globalizzazione dell’indifferenza», disse papa Francesco. A Catania, invece, «abbiamo visto quell’uomo in lacrime – osserva il gesuita –. Ha messo in secondo piano i suoi guadagni, dando un esempio e un messaggio che interroga ciascuno».
Nell’ultima settimana ci sono stati più di dieci morti. Cosa si può fare?Queste tragedie ci impongono un radicale cambiamento di mentalità. Piuttosto che assumere un atteggiamento vittimistico, ripetendo che l’Ue ci ha abbandonati a far fronte da soli a queste emergenze, dovremmo al contrario proporre un piano d’accoglienza stabile.
Da dove suggerisce di cominciare?Ancora non sappiamo quanti soldi diamo alla Libia e gli altri Paesi del Nordafrica perché raccolgano e trattengano le persone che vorrebbero venire in Europa. Tutto questo in condizioni inaccettabili. Le donne, per esempio, ci raccontano che in quei "centri d’accoglienza" devono fare la doccia in gruppo per evitare gli stupri. Si dovrebbe iniziare dal rivedere queste politiche.
Il caso della petroliera respinta da Malta cosa dimostra?Se è vero che abbiamo fatto dei progressi anche perché costretti dalle condanne della Corte per i diritti umani, va riconosciuto che nel caso dei 102 immigrati che Malta non ha voluto, l’Italia ha mostrato di essere in grado di porre queste urgenze su scala internazionale.
Cosa pensa dei recenti sbarchi?Sulle nostre coste stanno arrivando decine di siriani. Lì c’è una guerra. Cosa dovremmo dire a queste persone? Tornatevene a casa? Dobbiamo comprendere che chi paga migliaia di dollari per affrontare una traversata ad alto rischio non lo fa liberamente, ma perché sente di non avere scampo. Inutile fare proclami come quando si dice che verranno intensificati i controlli nei Paesi partenza. Se c’è una guerra è impensabile che le persone rinuncino alla possibilità di mettersi in salvo.
Lei spalncherebbe le frontiere a tutti?Io dico che occorre rispettare le convenzioni sul diritto d’asilo e allo stesso tempo sottrarre queste persone ai trafficanti. Piuttosto andrebbero attivati canali umanitari sicuri, ad esempio per somali, eritrei e quanti altri sono prigionieri in condizioni disumane in Libia.
Quali norme riscriverebbe?Suggerirei a quanti perorano la causa del reato di clandestinità di andare a Lampedusa – dove gli isolani continuano a fare la loro parte con generosità e comprensione – e di guardare in faccia quelle donne che sbarcano con in braccio un bambino, ma che in segno di benvenuto si trovano segnalati per immigrazione clandestina. È questa la nostra idea di accoglienza?