Il tribunale del Riesame ha confermato il sequestro degli impianti a caldo dell'Ilva senza concedere la facoltà d'uso e disposto che non si continuino a perpetrare i reati contestati nel provvedimento cautelare, ma lo stop degli impianti in questione sarà limitato al tempo necessario per la bonifica. Per il Riesame è necessario fermare le emissioni inquinanti ma l'Ilva potrà continuare a funzionare.Per il Tribunale del Riesame, il "disastro" prodotto dall'Ilva a Taranto è stato «determinato nel corso degli anni, sino ad oggi, attraverso una costante reiterata attività inquinante posta in essere con coscienza e volontà, per la deliberata scelta della proprietà e dei gruppi dirigenti». Proprietà e gruppi dirigenti «che si sono avvicendati alla guida dell'Ilva», secondo i giudici del tribunale del riesame di Taranto, «hanno continuato a produrre massicciamente nella inosservanza delle norme di sicurezza dettate dalla legge e di quelle prescritte, nello specifico dai provvedimenti autorizzativi».In un'altra parte del loro provvedimento i giudici del Riesame, sullo stesso tema, annotano: «Dalle varie parti dello stabilimento vengono generate emissioni diffuse e fuggitive non adeguatamente quantificate, in modo sostanzialmente incontrollato e in violazione dei precisi obblighi assunti dall'Ilva, nella stessa Aia e nei predetti atti d'intesa, volti a limitare e ridurre la fuoriuscita di polveri e inquinanti».I giudici ritengono che «le emissioni nocive che scaturivano dagli impianti, risultate immediatamente evidenti sin dall'insediamento dell'attuale gruppo dirigente dello stabilimento Ilva di Taranto, avvenuto nel 1995, sono proseguite successivamente», nonostante una condanna definitive per reati ambientali. Inoltre, nonostante i «molteplici» impegni assunti dall'Ilva con le pubbliche amministrazioni per migliorare le prestazioni ambientali del siderurgico, i dirigenti dello stabilimento non hanno mai assolto agli obblighi.
SPEGNIMENTO, UNA DELLE IPOTESI POSSIBILI«Semplificando e schematizzando la questione -scrivono i giudici del Tribunale del Riesame in- va detto che non è compito del tribunale stabilire se e come occorre intervenire nel ciclo produttivo, con i conseguenzialicosti di investimento».Per i giudici le modalità di intervento per la bonifica delle sei aree sequestrate dell'Ilva devono essere assunte «sulla base delle risoluzioni tecniche dei custodi-amministratori vagliate dall'autorità giudiziaria: per questo lo spegnimento degli impianti rappresenta, allo stato, solo una delle scelte tecniche possibili».
FERRANTE: «DECISIONE DI BUON SENSO»«Gli impianti devono essere attivi. Il Tribunale del Riesame ha espresso una posizione di buon senso, che indica una strada che salva l'ambiente, la salute e tanti posti di lavoro», ha replicato il presidente dell'Ilva di Taranto, Bruno Ferrante. «Dobbiamo lavorare per il risanamento ma si può risanare soltanto tenendo gli impianti attivi - continua Ferrante -.Questo è un passaggio che è scritto anche nelle ordinanze perché quando il Gip e il Tribunale del Riesame dicono "risanare, mettere in sicurezza", vogliono dire che bisogna tenere accesi gli impianti. Se si spengono gli impianti non ci può essere assolutamente la messa in sicurezza. Ritengo che questa posizione di ragionevolezza e di buon senso che è stata espressa dal Tribunale del Riesame, dovrebbe essere condivisa da tutta la magistratura, dalle autorità giudiziarie e da chi deve vigilare sull'esecuzione dei provvedimenti».
CLINI: CON IL BLOCCO FENOMENI SOCIALI DRAMMATICI"Oggi difendere l'ambiente vuol dire difenderlo con lo sviluppo tecnologico, difenderlo facendo e non bloccando. Difendere bloccando vuol dire bloccare lo sviluppo del paese aprendo la strada a fenomeni sociali che sarebbero drammatici". Lo ha detto al Meeting di Rimini il ministro Clini parlando dell'Ilva di Taranto. A giudizio del ministro dell'Ambiente nella vicenda Ilva "la via di uscita è fare in modo che l'impresa investa in nuova tecnologia che il governo, l'Unione europea, la magistratura locale hanno indicato".A questo percorso, ha aggiunto riferendosi ad alcune frange ambientaliste, "chi si oppone sono quelli che vogliono la chiusura che non è la soluzione, basta guardare - ha proseguito - Cogoleto, Bagnoli, Porto Marghera, Crotone, che sono un deserto da bonificare". "Dobbiamo confrontarci con chi alza i cartelli con il numero dei morti, lo sappiamo, - ha argomentato - i morti sono la tragedia di uno sviluppo sbagliato. Se si blocca l'industria senza un nuovo sviluppo tecnologico - ha concluso - si lascia un deserto di contaminazione di terra e di acqua".