La consultazione avviata dall’Agcom non salverà il piano strategico di Poste Italiane dagli strali della Commissione europea e, per evitare di provocare una maximulta che poi toccherebbe allo Stato pagare, Francesco Caio deve rivedere i suoi progetti. Ne è talmente convinto il viceministro della Giustizia Enrico Costa che ha deciso di dissociarsi dalla linea del governo, che finora ha appoggiato il progetto. «Il piano, presentato da Poste Italiane per recapitare la corrispondenza a giorni alterni e che l’Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni ha rimodulato impercettibilmente, espone il nostro Paese al rischio di una procedura d’infrazione da parte dell’Ue. Se approvato, patiremmo un taglio pesantissimo dei servizi in migliaia di piccoli centri, soprattutto in aree montane e con maggiori carenze infrastrutturali – dichiara – e per questo ho segnalato al presidente dell’Autorità, Angelo Marcello Cardani, le mie osservazioni fortemente critiche e ho riportato la questione al sottosegretario allo Sviluppo economico, Antonello Giacomelli, facendomi portavoce delle preoccupazioni giunte da numerosi amministratori e tanti cittadini».La proposta di Poste – riassume una nota diffusa dal viceministro – prevede di dimezzare la distribuzione della corrispondenza, da 10 a 5 giorni ogni due settimane, in 5.296 comuni (su un totale di 8.046), selezionati per densità abitativa. Primo, per numero di comuni interessati (901), è il Piemonte, seguito dalla Lombardia (542). L’Agcom, chiamata ad autorizzare il piano, in un documento sottoposto a consultazione pubblica (non vincolante per l’autorizzazione), ritiene che sussistano i requisiti per ben 4.721 comuni. Tali requisiti sono individuati sulla base della legge di stabilità 2015, che consente la deroga al principio di garanzia del servizio universale 5 giorni alla settimana, sancito da una direttiva europea, solo «in presenza di particolari situazioni di natura infrastrutturale e geografica in ambiti territoriali con una densità inferiore a 200 abitanti/kmq e comunque fino a un massimo di un quarto della popolazione nazionale».«Tali caratteristiche – osserva Costa – secondo Poste Italiane sono quelle del 65,8% dei comuni che l’Autorità, con un’insignificante limatura, riduce al 58,7%. Ciò è inaccettabile. Infatti, quale "particolarità di una situazione" o "eccezionalità di una condizione" può riguardare la grande maggioranza dei comuni sul territorio nazionale? La deroga diventerebbe normalità. Siamo di fronte a un dimezzamento selvaggio del servizio, una razionalizzazione priva di logica, che non può passare sotto silenzio. L’obiettivo del contenimento dei costi fa perdere di vista il problema di fondo: è sbagliato adottare il criterio della densità abitativa quale parametro principale per garantire i servizi. Si causerebbe una riduzione della consegna della corrispondenza in zone già poco servite dai sistemi infrastrutturali, mentre il tessuto sociale ed economico di quelle aree subirebbe un’ingiusta condanna alla marginalità. Che destino avrebbero, poi, tutti i giornali – quotidiani e settimanali – recapitati in abbonamento? Tutto ciò è inaccettabile, perché costituisce una minaccia al diritto di ciascuno a usufruire dei servizi universali». Considerazioni che la Commissione europea ha formalizzato all’Agcom, chiedendo il rispetto della disciplina comunitaria che non ha mai previsto deroghe come quelle concesse dalla Legge di Stabilità in quanto considera il servizio universale un diritto e non una semplice fornitura ed impegna a garantirlo concretamente con la consegna della corrispondenza nei cinque giorni lavorativi.