martedì 5 febbraio 2013
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Come hanno fatto i nostri revisori dei conti e le agenzie che certificano il bilancio a non accorgersene? Erano tutti in buona fede?». La professoressa Maria Alberta Cambi si è messa alla testa di un battagliero gruppo di risparmiatori, detentori di quasi 5 milioni di azioni Mps. Da quattro anni Cambi denuncia le presunte malversazioni all’interno del Monte. Lo ha fatto durante le assemblee. E lo ha messo per iscritto, a partire dal 2008, implorando la Consob, la Banca d’Italia e i magistrati senesi, da cui sta finalmente ottenendo le prime risposte.Il sospetto, condiviso dalla procura, è che a lungo le scritture di bilancio abbiano subito un maquillage. A cominciare dai cosiddetti «crediti deteriorati», che nel primo trimestre 2012 «sono cresciuti in modo abnorme (1,7 miliardi di euro) rendendo legittimo il sospetto – si legge in una delle denunce ora agli atti dell’indagine – non solo che il bilancio al 31 dicembre 2011 non avesse evidenziato con chiarezza e precisione la reale consistenza dei crediti deteriorati, ma altresì – rincarano gli azionisti negli esposti ottenuti da Avvenire – che il presidente del collegio sindacale abbia volutamente omesso di informare in modo chiaro e preciso». L’organo di controllo interno a quel tempo era guidato da Tommaso Di Tanno, indagato per ostacolo alla vigilanza, ma che nei giorni scorsi si è scagliato contro chi aveva nascosto anche a lui la verità sui conti. Nel giugno 2012, dopo aver ricevuto dai vertici della banca «risposte palesemente non esaustive o addirittura elusive della realtà», un nuovo reclamo fu inviato in doppia copia a Bankitalia e Consob. Segnalazioni che sono al vaglio degli investigatori anche per valutare tempestività ed efficacia degli organi di vigilanza. Un’altra anomalia, sempre nel bilancio 2011, riguarderebbe la voce «accantonamenti netti ai fondi per rischi e oneri». Secondo i 321 azionisti che adesso chiedono di poter essere ammessi quale parte lesa in un eventuale processo, quegli «accantonamenti» subirono «un incremento abnorme di circa 186 milioni di euro». La prova, stando agli autori delle denunce, che dentro Mps si era compreso che il vento tirava contro e occorresse cominciare a tappare qualche falla. Rischi «minimizzati dal collegio sindacale» nel corso dell’assemblea del 28 marzo 2012, durante la quale erano state chieste, senza ottenerle, spiegazioni dettagliate. E questo «a fronte del bilancio 2011 che, oggettivamente, non può che ritenersi disastroso».In effetti, nell’estate del 2010 gli ispettori della Banca d’Italia avevano individuato due contratti derivati poco trasparenti che oggi potrebbero costare al Montepaschi 720 milioni di euro e che sono al centro di una indagine per frode. Una serie di operazioni strutturate, tra cui «Alexandria», la complessa transazione fatta con la giapponese Nomura, e altre due: «Santorini», conclusa nel 2008 con Deutsche Bank e «Nota Italia» del 2006, chiusa con Jp Morgan. Domani si riunirà il nuovo Cda, presieduto da Alessandro Profumo, e in quella circostanza si potrà capire quanto male hanno fatto alla banca quelle spericolate operazioni finanziarie, andate così a male da decidere di occultarne i suoi effetti sul bilancio 2009 attraverso un mandato a Nomura, ugualmente oneroso ma spalmato su molti anni a venire e siglato con i giapponesi all’insaputa di Bankitalia. Ce n’è abbastanza perché la professoressa Cambia e centinaia di altri azionisti non dormano sonni tranquilli. Ragioni sufficienti per chiedere alla procura di «valutare la ricorrenza dei presupposti per intraprendere eventuali azioni in sede civilistica a tutela dell’interesse pubblico generale».
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