Approvata dal Parlamento 26 anni fa e accolta come provvedimento innovativo sia a livello nazionale che internazionale, la Legge 49 del 1987 (con le modifiche e le normative secondarie apportate negli anni) dovrebbe rimanere ancora per poco tempo il riferimento normativo principale che regolamenta la cooperazione italiana con i Paesi in via di sviluppo.È infatti allo studio una riforma della 49 che possa rispondere meglio alle esigenze odierne della cooperazione internazionale, dopo tre decenni in cui ad ogni legislatura non si è riusciti a trovare una convergenza tra i rappresentanti istituzionali, i funzionari del ministero degli Affari esteri e i rappresentanti delle organizzazioni non governative. Proprio la bozza della nuova legge, ancora in fase di elaborazione, preoccupa però il mondo del volontariato e della solidarietà internazionale. Il problema è che il nuovo testo, ad oggi, elimina ogni riferimento esplicito alla persona del volontario, riducendo tutto a personale impiegato all’estero nelle attività di cooperazione internazionale allo sviluppo, come recita l’articolo 25. «Scompare il volontario e arriva la cooperazione dei tecnocrati – spiega Gianfranco Cattai Presidente Focsiv, la più grande Federazione di organismi di volontariato internazionale di ispirazione cristiana presente in Italia –. Invece noi siamo profondamente convinti che, come suggerisce anche la
Caritas in Veritate, perché vi sia la vera giustizia è necessario quel di più che solo la gratuità e la solidarietà possono dare – sottolinea Cattai –; e che il volontario è risorsa insostituibile della società che comporta non tanto il dare delle cose, ma il dare se stessi in aiuto concreto verso i più bisognosi».Eliminare il riferimento al volontario dalla nuova legge sarebbe dunque un grave passo indietro, a maggior ragione se si pensa che dalla Legge 1222 del 1971 alla 38 del 1979 fino alla 49 del 1987, era sempre stato esplicito. Lo Stato stesso, insomma, prevedeva una figura laica motivata nella ricerca prioritaria dei valori della solidarietà e della cooperazione, prescindendo da fini di lucro. «Non citare il volontario, risorsa umana che nella logica della cultura del dono è disponibile ad impegnarsi per un tempo significativo, equivale a cancellare uno dei soggetti protagonisti della storia della cooperazione internazionale» dice Cattai, aggiungendo come già l’attuale normativa in vigore abbia procedure che, di fatto, impediscono alla stragrande maggioranza dei volontari impegnati in attività di cooperazione allo sviluppo nei Paesi del Sud del mondo di essere riconosciuti come soggetti operanti all’interno della 49/87 e di usufruire dei benefici previsti dalla legge.