L’avveniristica torre potrebbe dar lavoro nei prossimi anni a 16mila persone (5mila solo gli addetti diretti), per un investimento di circa 2,5 miliardi di euro. Rodrigo Basilicati, progettista dell’opera e nipote del maestro della moda, ha chiesto, fra l’altro, un incontro col ministro dello sviluppo economico, Flavio Zanonato, per anticipargli l’ingente commessa di acciaio, pari a 100.000 tonnellate, «che ci piacerebbe potesse essere fornita direttamente dall’Ilva». «Riscontriamo che anche su quest’opera, come sul Mose, la comunità è divisa, ma a differenza del sistema delle dighe mobili, il Palais Lumiere è più compatibile sul piano ambientale e, soprattutto, sociale per le ricadute occupazionali », sottolinea don Sandro Vigani, direttore del settimanale diocesano “Gente Veneta”. Ma a fine settimana Venezia si troverà ad interrogarsi su un altro delicato problema: il transito delle grandi navi di fronte a San Marco, Con tutti i rischi che si possono immaginare. Il “Comitato popolare No grandi navi” ha organizzato una due giorni, dal 7 al 9 giugno, con proteste, incontri, concerti, perfino i giocolieri. Non mancherà un corteo di barche per bloccare eventuali bastimenti di passaggio. «Anche in questo caso la città è divisa – riflette don Vigani –. È reale il disagio che queste navi comportano ai residenti, è anche vero, però, che il loro valore aggiunto sul piano economico, è innegabile. Occorre una soluzione intelligente».
Il sindaco Giorgio Orsoni ne ha già parlato a Maurizio Lupi, il ministro delle infrastrutture. Venezia ora adesso in attesa della convocazione di un “comitatone”, come viene definito in gergo, fra tutti i soggetti istituzionali interessati, per avviare un tavolo che definisca la soluzione più appropriata. Orsoni è convinto da tempo che «la soluzione più rapida è quella di far entrare le navi di grandi dimensioni da Malamocco e farle fermare a Marghera». Per Paolo Costa, presidente dell’autorità portuale, invece, si sono delle alternative.
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