giovedì 21 giugno 2012
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«Questa è una vittoria non soltanto per i nostri familiari, ma anche per tutti i disabili che soffrono per uno stigma sociale ancora difficile da sradicare».C’è soddisfazione, ma anche la consapevolezza che «la strada è ancora lunga e in salita», nelle parole di Fabrizio Ceriani Sebregondi, padre di Alessandro, trentenne con problemi psichiatrici. Da quattro anni, questo genitore, che si prende cura anche della moglie, colpita dalla medesima malattia del figlio, si batte per vedere riconosciuto il diritto del proprio ragazzo a stipulare una polizza assicurativa. Un “sogno” che presto diventerà realtà, anche per tutti gli altri disabili mentali, in nome dei quali Ceriani Sebregondi ha avviato e condotto questa battaglia.Come ha fatto a convincere le compagnie che i disabili mentali non si ammalano o si infortunano più degli altri?Mettendoli di fronte all’evidenza che un’operazione di appendicite può essere necessaria tanto a mio figlio disabile quanto a un suo coetaneo senza disturbi mentali e che, quindi, non mi sembrava giusto che il secondo si potesse cautelare con una polizza assicurativa e il mio ragazzo no. Non hanno saputo replicare.Qual è stato l’ostacolo più grande da superare?Lo stigma sociale che ancora pesa come un macigno sulla vita dei disabili mentali.Perché è così difficile da scalfire?Perché, come un secolo fa, i matti fanno paura. E, per tante famiglie, rappresentano ancora una vergogna da nascondere. Perciò, nonostante questa vittoria, la strada è ancora lunga e in salita.Quale sarà il prossimo passo?Ridare piena dignità a questi malati. Questa svolta delle assicurazioni, che hanno recepito le nostre istanze con spirito di collaborazione, è una prima, importante picconata allo stigma negativo. Una spallata a cui dovranno seguire fatti concreti. Come è successo, per esempio, con l’Aids. Fino a trent’anni fa nemmeno se ne parlava, oggi si organizzano campagne di sensibilizzazione a livello planetario. Noi siamo appena partiti, ma il traguardo è questo.
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