giovedì 31 maggio 2012
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​E<+tondo>ra come giocare con giganteschi mattoncini Lego. Per anni si sono costruiti capannoni progettati «per resistere al vento, non a un terremoto». La denuncia è di Augusto Gambuzzi, il presidente dell’Ordine degli ingegneri di Modena. Poche ore prima di questo sfogo era stato il procuratore capo Vito Zincani a porre una domanda: «Perché sono crollati miseramente edifici di recente costruzione?». La risposta dell’ingegner Augusto Gambuzzi è disarmante: «La normativa – ha spiegato ieri – fino a pochi anni fa permetteva la costruzione di capannoni fatti così, con incastri di prefabbricati».E pensare che da almeno vent’anni i geologi della zona urlano nel vuoto, chiedendo di inserire le distese ora coperte di macerie nel perimetro delle aree ad alto rischio sismico. Già nel 1993 l’associazione dei geologi della provincia di Ferrara, per bocca dell’allora presidente Antonio Mucchi, segnalò l’imprudenza di chi aveva deciso di classificare il Ferrarese e le aree limitrofe tra quelle a basso rischio sismico, tanto più in aree nelle quali «l’edificato – si legge nella relazione trasmessa alle autorità nel marzo 1993 – è in buona parte ricco di significato storico ornamentale, ma poggiante purtroppo su strutture non idonee ed affaticate dal tempo». Messa così, chiunque avrebbe compreso qual era il rischio.Per intendersi: «L’accelerazione al suolo – è l’analisi del presidente degli ingegneri modenesi all’indomani dell’ultima scossa – è stata del 60% in più rispetto a quella prevista». Perciò al procuratore di Modena non resta che promettere «tutti gli approfondimenti – ha scandito Vito Zincani – per accertare se sono state rispettate le norme di sicurezza e le regole di costruzione».Tra le vittime del mostro che ancora fa sobbalzare l’Emilia c’è anche un collega di Gambuzzi: l’ingegnere Gianni Bignardi, sorpreso dalla spallata con cui il sisma ha buttato giù uno dei capannonni nel quale aveva appena iniziato un sopralluogo. «Era un tecnico strutturista esperto – ricorda Gambuzzi – e anche lui riteneva che le normative attuali fossero farraginose».Intanto che il fantasma del sottosuolo striscia nel ventre molle della Pianura, anche più a Nord si teme il peggio. Roberto Cavazzana è il vicepresidente dell’Ordine dei geologi del Veneto. Ieri non si è nascosto davanti ai dati che indicano lo spostamento delle vibrazioni della crosta verso il Polesine. «Di colpo ci si può ritrovare senza terra sotto i piedi, quindi le fondazioni degli edifici e delle infrastrutture viarie possono essere messe a rischio», spiega il geologo che insiste: «Servono approfondimenti per individuare l’entità dei fenomeni a livello locale».Durante la violenta scarica sismica di martedì pomeriggio il tecnico stava sorvolando le zone colpite. «Questi fenomeni – ha spiegato – dall’alto si vedono bene, ne abbiamo già individuati, anche di nuovi con quest’ultima scossa». Negli anni scorsi gli enti locali della zona avevano affidato ad un pool di ingegneri la verifica della staticità degli edifici pubblici: scuole, municipi, uffici pubblici, ospedali e palazzetti dello sport. Uno dei tecnici impegnati nei rilievi racconta oggi di quante lacune fossero state accertate: «Abbiamo inoltrato segnalazioni e suggerito modifiche – spiega il tecnico, che chiede di non essere citato per nome – in molti casi si è provveduto, in altri ci si è trincerati dietro a norme costruttive spesso inadeguate».Inevitabile che il Consiglio nazionale dei geologi torni ad alzare la voce implorando la revisione della mappatura della Penisola, magari varando norme in materia di edilizia nelle quali si possa «finalmente tenere nel debito conto la voce dei geologi», per una volta «superando l’ostracismo culturale fino ad oggi dimostrato». Perché non s’abbia più da sentire che case e luoghi di lavoro sono fatti «per resistere al vento, non a un terremoto».
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