martedì 9 giugno 2015
​Il vicepresidente della Commissione europea Timmermans: "Le critiche di Renzi? Fossi premier dell'Italia, parlerei come lui".
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Matteo Renzi dice che le proposte della Commissione Europea sulla redistribuzione dei richiedenti asilo, con solo 24.000 su due anni, sono «insufficienti»? «Lo direi anch’io, se fossi un premier italiano…». Reagisce un po’ sornione, sorridendo, attraverso i suoi occhiali il primo vicepresidente della Commissione Europea Frans Timmermans, intervistato da Avvenire. È l’uomo che il presidente Jean-Claude Juncker chiama «la mia mano destra e pure la sinistra», responsabile del dossier immigrazione (insieme al commissario Dimitris Avramopoulos, che è però più in basso nella gerarchia della Commissione), e il principale ideatore della famosa Agenda europea per la migrazione, che tanto sta scaldando gli animi in queste ore. Timmermans, cattolico olandese, già ministro degli Esteri del suo Paese, ottimo conoscitore dell’Italia (è cresciuto in parte a Roma ed è anche acceso romanista) segue l’immigrazione anche ad altri livelli: il tema sarà uno dei punti del Dialogo interreligioso con esponenti delle principali confessioni mondiali, martedì prossimo a Bruxelles alla sede della Commissione, che sarà guidato dallo stesso Timmermans. Vicepresidente, allora, che dice delle critiche di Renzi? Se io fossi un premier italiano sono certo che direi la stessa cosa. Italia, Malta, Grecia, oggi si trovano ad affrontare sfide immense. Il problema è che altri Stati membri diranno che invece si è già andato troppo oltre. Il punto è trovare una soluzione realistica. Magari un domani potrebbero essere gli Stati baltici o la Polonia, a dovere affrontare sfide analoghe. Molti Stati membri non vogliono l’obbligatorietà, dicono che al consiglio straordinario del 23 aprile si era parlato solo di misure volontarie… Sapevamo che il nostro piano non sarebbe piaciuto a tutti. Abbiamo detto agli Stati membri: dateci una risposta migliore, e vi ascolteremo. Invece non abbiamo sentito una risposta migliore, così non risolviamo il problema. E io faccio riferimento al consenso che le crisi umanitarie non sono accettabili, tutti al Consiglio Europeo lo hanno detto, hanno fatto pure un minuto di silenzio. La Commissione ha fatto la sua analisi. E ci siamo detti: vogliamo fare le cose sul serio o no? E allora dobbiamo trovare soluzioni realistiche. Io tuttora sostengo con forza la nostra decisione, noi la porteremo avanti, non ritireremo alcuna delle nostre proposte. Sta al Consiglio di trovare un’intesa. Già, ma quale? Da settimane sento dire: accettiamo il principio, ma vogliamo di meno. Non è una posizione molto forte, perché se si accetta il principio ci deve essere una chiave di redistribuzione. L’unica discussione allora può essere tecnica, su come questa chiave è costituita. Benissimo, discutiamo, ma spero che gli Stati continuino ad accettare il principio. Sarebbe una svolta se avremo una chiave di distribuzione sia sulla situazione d’emergenza (la redistribuzione dei richiedenti asilo già in Europa, ndr),  sia sul reinsediamento dei profughi fuori dall’Ue. Questo però è solo un lato della questione. L’altro? Una politica migratoria funzionante deve prevedere che gli Stati membri siano meglio in grado di rimpatriare i migranti che non hanno diritto all’asilo. Se riusciamo a far capire che se uno rischia la vita per arrivare in Europa, ma poi viene rimandato a casa perché non ha diritto all’asilo, potremo scoraggiare molti di questi viaggi della morte. Se invece si ha un sistema in cui si arriva in un Paese senza venire identificati a dovere, e magari si riesce a proseguire, si crea una domanda per questo terribile traffico. Si tratterà però anche, aggiungo, di avere una politica di lungo termine per una migrazione legale per attrarre le persone di cui abbiamo bisogno in Europa. In Italia ha creato polemiche l’idea di creare 'hotspot', centri di identificazione con l’ausilio di personale Ue. Qualcuno vi ha visto un 'commissariamento'. Ma niente affatto. So che in Italia, soprattutto tra il personale di controllo di frontiera, c’è chi dice: ma questa è la nostra responsabilità. Noi diciamo solo: certo, vi aiutiamo a prendere le impronte, a identificare, ma questo non vuol dire che intacchiamo la sovranità di Italia o Grecia. Ma perché insistete tanto su questo aspetto? Non vi fidate dell’Italia? Penso che qui vi sia la stessa questione dell’'azzardo morale' che vediamo sul piano dell’Eurozona: gli Stati membri non hanno fiducia gli uni negli altri. Da un lato, se possiamo dimostrare concretamente che c’è una solidarietà sui numeri, sarà molto più facile per l’Italia politicamente e praticamente affrontare la questione della registrazione delle impronte digitali, dell’identificazione. Dall’altro, se l’Italia vuole la solidarietà sulla redistribuzione, questo funzionerà solo se gli altri Stati membri saranno convinti che l’Italia prenderà sul serio il lavoro di registrare le impronte digitali e non lascerà proseguire i migranti attraverso le Alpi verso la Germania e l’Europa del Nord. Ma attenzione, se dico che gli hotspot sarebbero molto utili, non è certo un’imposizione da parte della Commissione, sta all’Italia decidere se li vuole o no. La Lombardia e altre regioni del Nord rifiutano di ospitare migranti. Qualcuno si chiede: come può l’Italia chiedere solidarietà agli altri Stati membri, se al suo interno c’è chi la rifiuta? È una buona domanda…
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