L’autunno può essere anche una stagione di speranza. E quest’autunno 2011 – indelebilmente segnato da venti di crisi che ci hanno scaraventato addosso richiami poderosi e scioccanti alle nostre debolezze nazionali e alle responsabilità che, non solo per noi stessi, dobbiamo saper onorare – può davvero convertirsi in stagione di speranza. Una stagione utile per attraversare con convinzione il tempo del rigore che inesorabilmente si annuncia e per rinsaldare le fondamenta del sistema Italia. Il 'governo dei competenti e dei disinteressati' (riprendo l’esigente etichetta-auspicio di un nostro lettore) che è nato ieri – il 63° della storia repubblicana – è chiamato a lavorare per questo, con lena almeno pari alle grandi difficoltà che gli tocca di affrontare.
Questo esecutivo, voluto dal capo dello Stato e guidato da Mario Monti, è nato per gestire una transizione ardua. Per aprire il cantiere dei 'sacrifici' – spiegandocene equità, senso e convenienza – e per impostare sostenibilmente la nuova fase di sviluppo umano ed economico di una grande nazione, già fortemente sviluppata, nell’era della globalizzazione e del riequilibrio necessario e inevitabile. Dovrà saperlo fare con quello spirito di civile servizio che si addice a una compagine di 'tecnici', ma di tecnici con l’anima, cioè con le idee chiare e con valori saldi (e ci sono molti nomi e biografie che danno piena fiducia in questo senso). Dovrà saperlo fare, valorizzando le grandi forze positive della società italiana e dando vita a un’intelligente e decisiva collaborazione con Camera e Senato nelle cui aule – grazie alla disponibilità certo interessata eppure davvero interessante delle maggiori forze politiche – dispone di una vastissima maggioranza. In Italia, del resto, nessun tipo di governo è concepibile e può reggere senza una base politica nell’istituzione centrale nel nostro ordinamento costituzionale: il Parlamento.
Una maggioranza, dunque, c’è. Ed è il risultato di scelte responsabili e ben calcolate di forze a loro volta in transizione. La costituiscono il grintoso sì del Pdl, possibile grazie al non scontato passo indietro di Silvio Berlusconi che s’è fatto passo avanti del partito di maggioranza relativa. L’articolato sì del Pd, che ha investito su questa cruciale fase di passaggio anche la propria capacità di coalizione, coinvolgendo in qualche modo la recalcitrante Idv e l’extraparlamentare Sel. E il sì totale dell’attuale Terzo Polo, che un percorso di questo tipo ha indicato a lungo e che in questa impegnativa esperienza testerà se stesso e i futuri compagni di strada. Solo la Lega dice no, ed è una decisione tatticamente comprensibile, ma non convincente. Sarebbe il colmo se il federalismo fiscale divenisse realtà ben temperata nei mesi del ministero della Coesione territoriale dopo essere rimasto sulla carta negli anni del ministero per l’Attuazione del federalismo.
Certo, siamo al cospetto di una maggioranza che non s’è fatta 'grande coalizione' (visto che nessun esponente di partito è diventato ministro) neanche sotto l’incalzare di una crisi devastante, e che però si può manifestare non solo come mera convergenza a tempo attorno a un prezioso governo di scopo, bensì come altrettanto preziosa 'larga intesa'. Una larga intesa riformatrice e rimodellatrice, tale cioè da portare forze importanti – e tra loro seriamente alternative – a fare assieme ciò che è essenziale per il bene dell’Italia e di un’Europa di cui siamo soci fondatori e non zavorra, per l’equilibrio delle nostre istituzioni, per l’evoluzione virtuosa (anche con una legge elettorale che riavvicini eletti ed elettori) di quel bipolarismo che milioni e milioni di italiani hanno dimostrato in questi anni di accettare e 'usare' pur senza accettare più il crescente distacco tra palazzi e gente e modi di vivere e retribuire la rappresentanza politica che, a torto o a ragione, sono ormai catalogati solo come "privilegi". Si tratta di una prospettiva e di un lavoro comune né semplici né scontati negli esiti, ma che sarebbe imperdonabile non perseguire. L’occasione è persino provvidenziale.
La missione del governo Monti – un esecutivo davvero senza precedenti per genesi, per composizione e per ampiezza di consensi annunciati – è dunque inevitabilmente anche politica. L’augurio è che i tecnici riescano in pieno. E che i politici sappiano fare l’altra metà del lavoro.