L’onda d’urto della moda di Halloween sembra inarrestabile. Non c’è solo l’attrazione 'perversa' del buio, delle tenebre: c’è l’effetto moltiplicatore di infinite serie televisive provenienti dall’industria audiovisiva americana, in cui l’episodio di Halloween non manca mai. Ciò ha reso apparentemente innocua – un rito normale insomma – la festa pagana del 31 ottobre importata da oltreoceano. Che male può celarsi dietro il ritornello 'Dolcetto o scherzetto?', dietro i travestimenti da fantasma o da scheletro, dietro le zucche incavate? Molti educatori e sacerdoti hanno cercato di argomentare che l’apparenza più o meno innocente di festa carnevalesca vela una sostanza diabolica e favorisce l’affermarsi di valori e simboli fortemente anticristiani. Il fatto non è solo di natura spirituale, non riguarda solo la coscienza religiosa delle persone. Infatti, la festa delle zucche, con tutti i suoi elementi folcloristici, è diventata fatto di costume, ricorrenza obbligata, data immancabile nel calendario 'laico'. Dunque, il tema è prima di tutto culturale. Non c’è dubbio che per la diffusione che è arrivata ad avere, la festa del 31 ottobre continuerà a riscuotere molto successo. Il punto è se, sul terreno del costume e della percezione di massa, si possa fronteggiare con un’alternativa, che non sia soltanto una contrapposizione di valori, ma un felice ritorno a una tradizione culturale, prima ancora che religiosa. Da alcuni anni gruppi cattolici, diocesi, parrocchie propongono eventi che vogliono riscoprire il significato di una festa, quella di «tutti i santi», che dal IX secolo è fissata come solennità nel calendario liturgico alla data del primo novembre. Nella notte della vigilia, perché non riscoprire il fascino della santità come fonte di gioco, di festa, di stupore? Molte feste della Luce si terranno quest’anno, indirizzate prima di tutto ai bambini. Sono loro, infatti, i più indifesi consumatori di Halloween. Non c’è da illudersi sull’esito statistico di questa proposta, eppure far presente che anche la luce, la santità possono diventare narrazione, gioco, evento, celebrazione popolare sembra una via necessaria da percorrere. Solo se l’alternativa diventerà culturale o, come si dice nel gergo di Internet,
virale, il seme gettato potrà domani dare in una qualche percentuale il suo frutto. Già dal 2007, le Sentinelle del mattino propongono di esporre alle finestre, la notte del 31 ottobre, immagini di santi. Per secoli la santità è stata narrata (è il grande campo dell’agiografia) e anche oggi può esser fatta propria dal senso comune di una civiltà, oltre che essere un’aspirazione delle anime. Penso, tra altri esempi possibili della letteratura novecentesca, a un intenso romanzo di Nikos Kazantzakis,
Francesco (Crocetti Editore). Esso racconta con maestria narrativa, riempiendo vuoti e usando una certa libertà di invenzione, l’avventura del povero di Assisi, il suo 'trasumanare', che riguarda per ciò stesso ogni creatura umana. E così, oggi più che mai, il 31 di ottobre la luce e il racconto della santità possono farsi strada, anche nel nome di Francesco.