Tre delle donne filippine arrestate - Foto Cambodia National Police
Da probabili vittime di sfruttamento a sicure colpevoli: accade questo in Cambogia, dove 13 immigrate filippine sono state processate e condannate per traffico di esseri umani. Il problema è che le donne sono madri surrogate: aspettano tutte un figlio destinato a essere venduto ad altri. Condannate, dunque, ma è altamente probabile che in realtà siano vittime di organizzazioni che le hanno messe in contatto con aspiranti genitori stranieri dotati di un buon conto in banca, nel più classico degli schemi della Gestazione per altri (Gpa) commerciale illegale. Le 13 gestanti godranno di 2 anni di condono, e comunque il carcere scatterà solo dopo il parto. Del destino dei figli non si sa nulla; gli scarni resoconti di testate come l’americana Cnn o la britannica Bbc non ne fanno cenno. Si sa però che nella villa di Kandal, nella stessa periferia della capitale Phnom Penh che ospita un memoriale delle vittime dei Khmer rossi, una guardiana-cuoca vigilava su 24 donne straniere. Le altre 11 non erano incinte al momento del blitz delle forze dell’ordine e quindi sono state rimpatriate nelle Filippine e in Vietnam. La guardiana-cuoca, invece, ha avuto una condanna lieve. La corte, che ha emesso la sua sentenza nei giorni scorsi, ha sostenuto che è evidente il commercio dei bambini che le 13 gestanti volevano portare a termine dopo il parto. Le immigrate filippine in Cambogia sono le donne più discriminate e marginalizzate, svolgono lavori umili e spesso lottano per la sopravvivenza. La maternità suorrgata per gli stranieri è illegale in Cambogia dal novembre 2016, dopo un periodo di disinvolti affari d’oro a causa della “chiusura” di alcuni Paesi vicini come Thailandia, India e Nepal. Nonostante il bando, diverse agenzie di intermediazione continuano a reclutare clienti da tutto il mondo, attirati soprattutto dai prezzi convenienti dei servizi. Le madri surrogate vengono reclutate non solo nel Paese ma anche in quelli limitrofi e tenute in case e cliniche clandestine fino al parto. La particolarità della sentenza che riguarda le 13 filippine è che le donne non sono state ritenute vittime di un traffico illegale di esseri umani bensì complici con le agenzie per cedere i figli a scopo di lucro. Ma almeno un pregio questa sentenza ce l’ha: aver messo in evidenza il lato oscuro dell’utero in affitto, che per l’Italia ora è reato universale.