L'aula del Parlamento europeo a Strasburgo - Filippo Attili / Ansa
Inserire il “diritto all’aborto” nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. Lo avevano chiesto in una risoluzione del luglio 2022, ci riprovano adesso negli ultimi giorni della legislatura europea prima dello scioglimento in vista del voto del 6-9 giugno. Parliamo del centro-sinistra al Parlamento Europeo, che ha preparato una nuova risoluzione (che non ha alcun valore giuridico cogente) da sottoporre giovedì 11 aprile al voto della miniplenaria a Bruxelles. Un testo promosso dai liberali-macroniani di Renew (e non è un caso visto il voto francese del 4 marzo scorso dell’Assemblea nazionale a Parigi per l’inserimento del la “libertà di aborto” nella Costituzione francese), insieme ai Socialisti e Democratici, Verdi e Sinistra.
I Popolari non hanno firmato, anche se molti di loro affermano di non esser in disaccordo sul principio ma sull’opportunità e soprattutto sulla fattibilità dell’inserimento nella Carta europea. Il testo con ogni probabilità sarà approvato, vista l’ampia coalizione di partiti che l’appoggiano, ma sarà una nuova vittoria di Pirro: le chance che la richiesta della risoluzione possa diventare realtà sono pari a zero.
La parte centrale riguarda la richiesta di proposta di modifica dell’articolo 3 della Carta dei diritti fondamentali. Al «diritto all’integrità della persona» contemplato in quell’articolo, secondo il testo andrebbe affiancato quello «all’autonomia del corpo». Con l’aggiunta di un paragrafo 2a: «Tutti hanno il diritto all’autonomia del corpo, all’accesso libero, informato pieno e universale alla salute e ai diritti sessuali e riproduttivi, e a tutti i servizi sanitari relativi senza discriminazione, incluso l’accesso all’aborto sicuro e legale».
La risoluzione lancia inoltre dure critiche a Paesi dalla legislazione restrittiva (anzitutto la Polonia) e contro Malta, l’unico dei 27 Stati membri in cui l’interruzione di gravidanza è vietata. A entrambi i Paesi viene chiesto di «revocare le loro leggi e altre misure concernenti divieti e restrizioni all’aborto». Non manca una stilettata contro l’Italia dove, insieme a Slovacchia e Romania, secondo il testo «l’accesso alle cure abortive viene eroso» in quanto «una larga maggioranza dei medici fa obiezione di coscienza, rendendo di fatto l’accesso alle cure abortive estremamente difficoltoso in alcune regioni». Concetti non certo nuovi e contenuti in numerose risoluzioni degli anni passati, già più volte smentiti - dati della relazione ministeriale alla mano - dalle istituzioni sanitarie italiane.
In realtà, come accennavamo, non c’è alcuna possibilità che davvero possa realizzarsi la richiesta del centro-sinistra del Parlamento Europeo per l’inserimento del “diritto all’aborto” nella Carta dei diritti fondamentali Ue.
La ragione è molto semplice: una simile decisione richiede l’unanimità, dunque ognuno dei 27 Stati membri ha diritto di veto. Nettamente contrarie all’idea del “diritto all’aborto”, tanto più nella Carta Ue, sono Malta, Ungheria, Slovacchia, ma problemi ha anche la Germania per cui l’interruzione di gravidanza resta formalmente vietata per legge anche se poi è di fatto legalizzata la sua attuazione.
La Polonia, per parte sua, ha intanto un nuovo governo centrista guidato da Donald Tusk (la legge per una forte restrizione a casi estremi della possibilità di aborto è stata attuata dal precedente governo nazional-populista), ma non è probabile che Varsavia accetterebbe il concetto di diritto all’aborto. Quanto all’Italia difficilmente l’attuale governo accetterebbe l’iniziativa del centro-sinistra del Parlamento Europeo. Non a caso contrari sono i due gruppi di cui fanno parte Fratelli d’Italia (i Conservatori) e la Lega (gli euroscettici di Identità e democrazia). Del resto, basterebbe il no della piccola Malta per impedire l’inserimento nella Carta Ue. E di quello si può davvero star certi.