martedì 16 luglio 2024
Barbara Cereto, presidente del Centro di Aiuto alla Vita reggino, all'agenzia Sir: «Presenteremo progetti per altri luoghi dove in anonimato, dopo il parto, la madre può lasciare il suo bimbo»
Il pronto soccorso dell'Ospedale di Reggio Calabria

Il pronto soccorso dell'Ospedale di Reggio Calabria - Ansa

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«La notizia che ha fatto in fretta il giro della città e non solo ci ha lasciati sgomenti. Ci si rende conto della solitudine che vivono queste donne e queste madri, spesso molto giovani. E ci si rende conto soprattutto del silenzio assordante di una società insensibile di fronte a situazioni di disagio di donne che spesso vogliono portare a compimento la gravidanza e dare vita a un cuore che batte mentre non trovano ascolto e sostegno». Lo dice all’agenzia Sir Barbara Cereto, presidente del Centro di Aiuto alla Vita di Reggio Calabria, dopo il ritrovamento in un armadio di due feti avvolti in un lenzuolo da parte della madre di una giovane di 24 anni che ha chiamato la polizia.

Come associazioni impegnate a favore della vita nascente – aggiunge Cereto – «cerchiamo di essere vicini a chi si rivolge ai nostri centri ma anche facendo informazione, a partire dalle scuole superiori, per informare sull’importanza di una vita che nasce e sulle opportunità di aiuto previste dalle leggi vigenti spesso ignorate». Come gruppo Cav, insieme alla Pastorale familiare regionale della Calabria, con associazioni e movimenti in sostegno alla vita nascente, «stiamo lavorando per presentare il progetto per l’apertura di culle per la vita dove, in anonimato, dopo il parto, la madre può lasciare il proprio bimbo donandogli così la possibilità di continuare a vivere e poter essere accolto in un’altra famiglia». Le prime culle per la vita «si spera – dice ancora la responsabile del Cav di Reggio Calabria – possano essere realizzate nei pressi dei presìdi ospedalieri delle nostre città calabresi con il sostegno dei tanti volontari e di coloro che fino ad ora stanno lavorando nel custodire e tutelare quel cuore che batte».

Il lavoro del Cav reggino va oltre la città di Reggio Calabria: «Assistiamo attraverso la rete di aiuti persone di altre città e province, sempre nell’anonimato e accogliendo chi spesso ha dovuto lasciare la casa dei genitori perché si è rifiutata di abortire. È un lavoro che possiamo fare solo se insieme: soli non si va da nessuna parte».
Agensir

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