Federica Facciotti
Talmente perfetta da celare nei suoi meccanismi la chiave per comprendere la soluzione ai malfunzionamenti. La macchina del corpo umano svela ogni volta, grazie alla ricerca, un nuovo segreto. Un ulteriore contributo, per tracciare terapie sempre più efficaci contro i tumori, arriva dallo studio, condotto da Federica Facciotti, direttrice del Laboratorio di immunologia mucosale dell’Istituto europeo di oncologia (Ieo) di Milano, e finanziato dalla Fondazione Airc. Scopo del progetto era individuare i meccanismi capaci di attivare o spegnere la funzione delle cellule Nkt che uccidono il tumore al colon-retto. Insieme ai rappresentanti Airc, Facciotti è stata ricevuta al Quirinale il 28 ottobre per « I Giorni della Ricerca», la campagna che da 25 anni la Fondazione dedica a informazione e raccolta fondi. Dal 6 al 16 novembre i volontari diffonderanno cioccolatini in 1.800 piazze, aiutando a trasformare la generosità in conoscenza.
Quali sono le finalità del suo studio? Abbiamo cercato di capire quali sono gli interruttori e identificare i sistemi per ingannare il tumore e fare in modo che le cellule si riattivino. La comprensione del meccanismo ci consentirà di dare il trattamento giusto a ciascuna persona. Per sfuggire al sistema immunitario infatti ogni tumore sfrutta strategie diverse. La varietà che caratterizza la risposta dipende dai fattori genetici, ma nel caso del colon-retto anche da alcol e alimentazione. L’alcol favorisce lo sviluppo di alcuni microrganismi che producono sostanze capaci di incrementare le cellule tumorali. Se il sistema immunitario funziona bene intercetta subito l’alterazione. Altrimenti, il tumore fugge alla sorveglianza e prolifera.
Per quali tipologie di tumore c’è bisognodi più ricerca? Gli sforzi si concentrano sui tumori che giungono a metastasi e sulle recidiva. L’obiettivo è capire quali sono i meccanismi che portano le cellule tumorali a rimanere dormienti per poi riattivarsi in alcune persone mentre in altre no. Per tutti è necessario incrementare gli screening che durante la pandemia hanno subito una battuta d’arresto.
Al Quirinale lei ha sottolineato come il vostro lavoro sia al servizio di tutti. In realtà si tratta di un circolo virtuoso perché anche solo l’acquisto dei cioccolatini durante la campagna di raccolta fondi è un contributo per tutta la comunità. Può sembrare una goccia nel mare ma non lo è perché dà la possibilità a noi ricercatori di mettere a frutto il lavoro che parte dal laboratorio e coinvolge anche clinici e specialisti.
Airc non è l’unico ente privato che finanzia la ricerca. Quali sono i punti di forza del sistema? La Fondazione è riuscita nel tempo a istituire un percorso di sostegno dei vari momenti della carriera dei giovani. Credo sia unica perché non solo favorisce il rientro dei cervelli ma ha particolari attenzioni ai bisogni reali. Lo Start Up Grant, per esempio, il primo programma che mi ha permesso di rientrare in Italia, mi ha dato la possibilità di ricevere per me e una studentessa lo stipendio ma anche il finanziamento dei costosi reagenti. In questo modo ho potuto fare la ricerca che avrei fatto in America. Non lo fanno tutti gli enti.
La sua ricerca è stata apprezzata anche dal presidente della Repubblica. Che effetto le fa? Gratitudine. È una persona che trasmette grande senso di responsabilità. Il suo esempio ci spinge a fare ancora meglio.