mercoledì 26 giugno 2024
La leucodistrofia metacromatica non è stata riconosciuta in tempo. Per darle una vita normale sarebbe bastato un esame che ora Fondazione Telethon promuove con uno studio sui neonati lombardi
Elettra quando aveva pochi mesi. Ora la bambina ha 9 anni

Elettra quando aveva pochi mesi. Ora la bambina ha 9 anni - Foto Fondazione Telethon

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La prima avvisaglia, all’età di soli tre mesi, è stata quella che Beatrice Marengo, la mamma di Elettra, chiama una «scossa». Si scoprirà poi essere una crisi epilettica, ma allora ai genitori era stato detto di non preoccuparsi: doveva trattarsi solo di reflusso gastrico. A due anni è comparsa una dilatazione differente tra le due pupille. Si temeva che il nervo ottico fosse schiacciato da un tumore. Ma la risonanza magnetica non rileva nulla. Solo più tardi, quando ormai Elettra ha iniziato l’asilo, i sintomi diventano visibili a tutti. Nel settembre del 2019, all’ospedale Regina Margherita di Torino la diagnosi è chiara: leucodistrofia metacromatica (Mld). Ma è troppo tardi per la terapia genica, che avrebbe potuto cambiarle la vita. La Mld è una malattia del sistema nervoso che coinvolge la sostanza bianca. «La mielina, che riveste il prolungamento dei neuroni, risulta danneggiata a causa di sostanze tossiche che si accumulano con il tempo», spiega Francesca Fumagalli, neurologa dell’Unità di ricerca clinica dell’Ospedale San Raffaele di Milano che da anni si occupa di questa malattia rara. «Il sistema nervoso va incontro a una degenerazione e perde tutte le sue capacità».

Quando è nata, nell’aprile del 2015, Elettra era una bambina apparentemente sana. «Anzi, su certi aspetti era avanti, nel senso che ha bruciato parecchie tappe di crescita ed era molto attiva», racconta Marengo. Ma qualche mese dopo aver compiuto i tre anni i segni di regressione diventano evidenti. «Dimenticava le parole e inciampava. Quando le è stata diagnosticata la malattia ormai faceva fatica a stare in piedi senza essere aiutata». La leucodistrofia metacromatica ha portato cambiamenti anche nel carattere di Elettra. «Quando ha iniziato l’asilo era sempre allegra, molto loquace, le piaceva giocare con tutti», ricorda il papà, Federico Bellardi. «Poi ha smesso e le maestre ci raccontavano che tendeva a isolarsi, a non parlare, addirittura era aggressiva. Atteggiamento che, conoscendola, era inspiegabile: purtroppo, era l’effetto della malattia».

Ora Elettra non riesce più a camminare, a parlare, a controllare il corpo. «Non può mai stare da sola, va seguita praticamente a vista e bisogna sempre essere in due in caso di emergenze», spiega Bellardi. Restano la scimmietta George, i troll e i cartoni Disney. Li riconosce, sono da sempre i suoi preferiti. «Se qualcuno si azzarda a mettere un cartone che non le piace la si sente urlare in tutta casa», sorride Marengo. L’interazione con i genitori si basa su pianti, suoni, e movimenti del corpo. Federico e Beatrice hanno imparato a leggere nei gesti incontrollati di Elettra le sue richieste, interpretandone la contentezza o qualche fastidio.

«Fino a poco tempo fa non esisteva nessuna terapia per questi bambini: potevano essere solo supportati con la fisioterapia, la logopedia o alcuni farmaci per l'epilessia», ricorda la dottoressa Fumagalli. Finché non è stata messa a punto la terapia genica per la leucodistrofia metacromatica, grazie al lavoro dei ricercatori dell’Istituto San Raffaele-Telethon di Milano, tra i quali c’è anche la dottoressa Fumagalli. «In Europa è stata approvata nel 2020: la terapia funziona e salva la vita di questi bambini con una sola infusione». Ma per funzionare deve essere somministrata prima che il sistema nervoso venga danneggiato, prima della comparsa dei sintomi. Al momento, sostanzialmente è possibile curare solo i fratelli minori di bambini ai quali è già stata diagnosticata la malattia.

«Le cellule staminali vengono modificate al di fuori dell’organismo del bambino inserendo una copia del gene mancante. Poi il piccolo deve fare una chemioterapia, per far spazio a queste nuove cellule in modo che possano attecchire e distribuirsi in tutto l'organismo attraverso il circolo sanguigno». Ecco perché è fondamentale la sperimentazione di screening che parte ora in Lombardia, dopo il progetto avviato il Toscana, è fondamentale.

Promosso dalla Fondazione Telethon e coordinato dall’Ospedale Buzzi di Milano, il test per la Mld sarà offerto gratuitamente a tutti i neonati dei punti nascita lombardi. Lo studio coinvolgerà centomila neonati, con l’obiettivo di validare un test in grado di diagnosticare precocemente la malattia. «Se quando è nata Elettra – aggiunge la dottoressa – fosse stato disponibile lo screening neonatale avremmo potuto fare una diagnosi alla nascita e intervenire per curarla prima che queste sostanze tossiche si accumulassero».

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