Secondo uno studio della Queen’s University di Kingston, in Canada, presentato al 40° congresso annuale dell’Eshre (la European Society of Human Reproduction and Embryology, massima autorità continentale nel campo della procreazione artificiale), dal 7 al 10 luglio ad Amsterdam, le madri surrogate presentano un «rischio elevato» di grave morbilità materna e di «esito sfavorevole» della gravidanza rispetto alle donne che concepiscono in modo naturale o con la fecondazione in vitro, in una proporzione di tre a uno rispetto alle mamme che concepiscono naturalmente.
Lo studio ha analizzato 937.938 maternità in Canada tra il 2012 e il 2021, confrontando i risultati tra i diversi metodi di gravidanza (concepimento naturale, con fecondazione artificiale, maternità surrogata). I risultati hanno rivelato differenze «marcate»: nelle madri surrogate è stato osservato un tasso di morbilità materna grave del 7,1%, decisamente più alto rispetto ai tassi osservati nei “concepimenti non assistiti” (2,4%) e nei concepimenti con fecondazione assistita (4,6%). Più nel dettaglio, nelle madri surrogate sono stati osservati alti tassi di emorragia post-partum e di disturbi ipertensivi, fattori di grave rischio: in entrambi i casi il 13,9% delle maternità, rispetto al 5,7% e al 6,6% per gli altri due tipi di concepimento e gravidanza.
Per Marina Ivanova, autrice dello studio, diversi meccanismi possono spiegare l’aumento del rischio per le madri surrogate, come lo stato di salute della donna all’inizio della gravidanza e le «caratteristiche socio-demografiche» di chi si rende disponibile a fare da madre surrogata. Implicate sono anche le differenze nell’assistenza e nel monitoraggio prenatale, l’impatto fisiologico e psicologico associato al “portare avanti una gravidanza per un’altra persona”, i trattamenti utilizzati durante il processo di fecondazione artificiale che si rendono necessari. «Alcune pubblicazioni – dice la studiosa, come riferisce Quotidianosanità.it – suggeriscono che le madri surrogate siano scelte con cura sulla base di caratteristiche favorevoli per una gravidanza sana, ma la nostra coorte non riflette in modo coerente questa idea. Queste donne avevano anche meno probabilità di appartenere alla fascia di reddito più alta e sappiamo che uno status socioeconomico inferiore è associato a tassi di morbilità materna grave più elevati».
Lo studio non ha invece rilevato un significativo aumento di complicazioni di salute nei bambini frutto di surrogazione di maternità: problemi gravi” sono stati osservati nel 6,5% dei neonati figli di madre in affitto e nel 6% di quelli concepiti naturalmente. Come ampiamente noto, maggiori problemi li incontrano invece i bambini nati da fecondazione assistita, con un tasso del 9,1%. «Anche con l’aumento del rischio di grave morbilità materna tra le portatrici gestazionali – commenta Marina Ivanova – siamo rimasti sorpresi di non riscontrare alcun aumento significativo della grave morbilità neonatale rispetto ai concepimenti non assistiti. Anche se le madri surrogate sperimentano più complicazioni, queste non portano necessariamente a risultati peggiori per i neonati, il che è un risultato positivo. Al contrario, tra le donne della popolazione generale, la grave morbilità materna è associata a un rischio più elevato di grave morbilità neonatale. Questa differenza merita quindi ulteriori indagini». Secondo Karen Sermon, presidente Eshre, «questi risultati evidenziano l’impatto dello stato socioeconomico sulla nostra salute riproduttiva e la necessità di assicurare le candidate madri surrogate i migliori standard di cura. È rassicurante – e anche interessante – che i bambini nati da gravidanza per altri non sembrino essere esposti a maggiori rischi di gravidanza». Affermazione che tuttavia omette la soluzione più ovvia a problemi di salute per la donna così gravi e documentati – vietare a livello globale la maternità surrogata – un fatto sorprendente ma purtroppo assai significativo per un consesso scientifico che dovrebbe voler debellare le patologie.