«Quando non sono disponibili vaccini contro il Covid 19 eticamente ineccepibili» è «moralmente accettabile utilizzare i vaccini anti-Covid 19 che hanno usato linee cellulari provenienti da feti abortiti nel loro processo di ricerca e produzione». È quanto scrive la Congregazione per la Dottrina della Fede nella sua «Nota sulla moralità dell’uso di alcuni vaccini anti-Covid 19» pubblicata lunedì 21 dicembre, a firma del cardinale prefetto Luis Ladaria e dell’arcivescovo segretario Giacomo Morandi.
La necessità di «riflettere sull’aspetto morale dell’uso di quei vaccini contro il Covid-19 che sono stati sviluppati con linee cellulari provenienti da tessuti ottenuti da due feti abortiti non spontaneamente» nasce dalle questioni sollevate all’indomani della pubblicazione sulla stampa scientifica internazionale di notizie sul ricorso a linee cellulari sviluppate a partire dal 1972 e dal 1985 per opera del biologo molecolare e virologo olandese Alex van der Eb all’Università di Leiden. Le "eredi" di quelle cellule fetali, usate nel corso degli anni «nei laboratori di ricerca e delle industrie bioteconologiche» – come documentò Roberto Colombo su Avvenire il 26 agosto –, sono dunque parenti ormai lontane ma comunque riferibili a feti abortiti. È anche grazie al loro uso che sono stati messi a punto alcuni vaccini anti-Covid, come spiega la Nota vaticana parlando del «ricorso nel processo di ricerca e produzione a linee cellulari che provengono da tessuti ottenuti da due aborti avvenuti nel secolo scorso», un nodo etico sul quale – aggiunge – «vi sono stati differenti pronunciamenti sui mass media di vescovi, associazioni cattoliche ed esperti, fra loro diversificati e talvolta contraddittori, che hanno anche sollevato dei dubbi riguardo alla moralità dell’uso di questi vaccini». Di qui la necessità di un intervento tempestivo mentre sta partendo l’attesissima campagna vaccinale.
Alla domanda sulla liceità dell’uso dei vaccini per piegare la pandemia ottenuti in questo modo, la Dottrina della Fede risponde affermativamente ma all’interno di un’argomentazione articolata nella quale si ricorda che – citando la sua stessa istruzione «Dignitas Personae» del 2008 – «nei casi di utilizzazione di cellule procedenti da feti abortiti per creare linee cellulari da usare nella ricerca scientifica “esistono responsabilità differenziate” di cooperazione al male. Per esempio, “nelle imprese, che utilizzano linee cellulari di origine illecita, non è identica la responsabilità di coloro che decidono l’orientamento della produzione rispetto a coloro che non hanno alcun potere di decisione”», e dunque di chi realizza, diffonde o utilizza il vaccino. A permettere di «considerare moralmente lecito l'uso di questi vaccini» è «che il tipo di cooperazione al male (cooperazione materiale passiva) dell’aborto procurato da cui provengono le medesime linee cellulari, da parte di chi utilizza i vaccini che ne derivano, è remota». Peraltro «il dovere morale di evitare tale cooperazione materiale passiva non è vincolante se vi è un grave pericolo, come la diffusione, altrimenti incontenibile, di un agente patogeno grave», come in questa drammatica fattispecie mondiale. Dunque, osserva la Congregazione, «è da ritenere che in tale caso si possano usare tutte le vaccinazioni riconosciute come clinicamente sicure ed efficaci con coscienza certa che il ricorso a tali vaccini non significhi una cooperazione formale all’aborto dal quale derivano le cellule con cui i vaccini sono stati prodotti». E comunque «l’utilizzo moralmente lecito di questi tipi di vaccini, per le particolari condizioni che lo rendono tale, non può costituire in sé una legittimazione, anche indiretta, della pratica dell’aborto, e presuppone la contrarietà a questa pratica da parte di coloro che vi fanno ricorso». È vero infatti che «l’uso lecito di tali vaccini non comporta e non deve comportare in alcun modo un'approvazione morale dell’utilizzo di linee cellulari procedenti da feti abortiti».
Esemplificando i casi in cui «non sono disponibili vaccini contro il Covid-19 eticamente ineccepibili», la Nota parla di «Paesi dove non vengono messi a disposizione dei medici e dei pazienti vaccini senza problemi etici, o in cui la loro distribuzione è più difficile a causa di particolari condizioni di conservazione e trasporto, o quando si distribuiscono vari tipi di vaccino nello stesso Paese ma, da parte delle autorità sanitarie, non si permette ai cittadini la scelta del vaccino da farsi inoculare», ovvero tutti i casi ai quali stiamo assistendo e che si profilano. Ma la situazione estrema che l’umanità sta affrontando non esime chi ha potere di decidere dal considerare le proprie responsabilità. Sul punto la Dottrina della fede è molto chiara: «Si chiede sia alle aziende farmaceutiche che alle agenzie sanitarie governative di produrre, approvare, distribuire e offrire vaccini eticamente accettabili che non creino problemi di coscienza, né a gli operatori sanitari, né ai vaccinandi stessi».
Ma gli interrogativi morali sui vaccini anti-Covid cui la Nota offre risposta non finiscono qui: vaccinarsi – ecco l’altro grande tema – è moralmente obbligatorio? Anche su questo la Congregazione offre un criterio preciso: «Appare evidente alla ragione pratica – si legge nella Nota – che la vaccinazione non è, di norma, un obbligo morale e che, perciò, deve essere volontaria». Tuttavia «la moralità della vaccinazione dipende non soltanto dal dovere di tutela della propria salute, ma anche da quello del perseguimento del bene comune. Bene che, in assenza di altri mezzi per arrestare o anche solo per prevenire l’epidemia, può raccomandare la vaccinazione, specialmente a tutela dei più deboli ed esposti». E chi decide di non vaccinarsi per motivi etici? «Coloro che, comunque, per motivi di coscienza, rifiutano i vaccini prodotti con linee cellulari procedenti da feti abortiti – spiega il documento – devono adoperarsi per evitare, con altri mezzi profilattici e comportamenti idonei, di divenire veicoli di trasmissione dell’agente infettivo. In modo particolare, essi devono evitare ogni rischio per la salute di coloro che non possono essere vaccinati per motivi clinici, o di altra natura, e che sono le persone più vulnerabili».
Nell’ultimo punto dei 5 in cui è articolato il testo la Congregazione si esprime brevemente su un terreno nel quale entrerà con maggiore dettaglio un altro documento vaticano, firmato dal Dicastero per lo Sviluppo umano integrale e dalla Pontificia Accademia per la Vita, atteso per martedì 22 dicembre. La Nota della Dottrina della Fede parla di «imperativo morale, per l'industria farmaceutica, per i governi e le organizzazioni internazionali di garantire che i vaccini, efficaci e sicuri dal punto di vista sanitario, nonché eticamente accettabili, siano accessibili anche ai Paesi più poveri e in modo non oneroso per loro», avvertendo che «la mancanza di accesso ai vaccini, altrimenti, diverrebbe un altro motivo di discriminazione e di ingiustizia che condanna i Paesi poveri a continuare a vivere nell'indigenza sanitaria, economica e sociale».