mercoledì 6 dicembre 2023
Le statistiche parlano di 300mila aborti all'anno, ma potrebbero essere molti di più. E la crescente prevalenza delle nascite di maschi certifica lo "scarto" delle femmine, retaggio della tradizione
Il Parlamento di Hanoi, capitale del Vietnam

Il Parlamento di Hanoi, capitale del Vietnam

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Il Vietnam si segnala oggi per il record di aborti in Asia, per fonti Onu 35,2 ogni mille donne, e a livello globale è secondo solo alla Russia (53,7). Il più vasto cimitero per bambini mai nati per volontà della madre è quello del distretto di Soc Son nella periferia settentrionale della capitale Hanoi. Con oltre 1.000 metri quadrati di estensione ospita – si stima – fino a 10mila feti per ciascuna delle sepolture di massa che costellano l’area, ospitati in giare come quelle che abitualmente erano destinate ai resti dei cadaveri riesumati dopo tre anni di sepoltura. L’afflusso è continuo e la consegna avviene soprattutto a opera di volontari impegnati in un’opera pietosa, raccogliendo i feti in cliniche e ospedali per dare loro una qualche forma di pietosa sepoltura.
Le cifre ufficiali parlano di 300mila aborti all’anno, ma è un dato evidentemente riduttivo, che lo stesso quotidiano del Partito comunista amplifica fino a 1,6 milioni di interruzioni volontarie di gravidanza all’anno. Un fenomeno che comincia a mostrare un rilevante impatto sulla società.
Un aspetto ulteriormente drammatico e che molto ha a che vedere con il persistere di una cultura confuciana, che il comunismo ha soltanto scalfito per gli aspetti in contrasto con l’ideologia di Stato, è che il 90% dei feti abortiti è di genere femminile. È il frutto della selezione prenatale di genere in una società che ancora privilegia i figli maschi, secondo tradizione più indicati a governare la famiglia, a occuparsi dei genitori in età avanzata e a celebrare i riti per gli antenati.
Il fatto che la legge vieti questa pratica non impedisce che sia ancora ampiamente diffusa, anche perché la relativa modernità e un maggiore benessere non hanno finora inciso sulla necessità di una dipendenza degli anziani dai maschi di famiglia.
L’Ufficio generale di statistica vietnamita indica che se nel 2006 il rapporto era di 109 maschi per 100 femmine, il dato è salito a 112,1 su 100 nel 2022.
Il risultato è drammatico anche sul piano del crescente divario numerico tra i vietnamiti in età procreativa. I dati forniti dal Dipartimento generale della popolazione indicano che tra un decennio, su una popolazione stimata per allora in 109 milioni di abitanti (contro i 100 milioni attuali) i maschi supereranno di 1,5 milioni le femmine. Un divario che, in mancanza di cambiamenti rilevanti, salirà a 4,3 milioni nel 2050.
L’allarme degli esperti è chiaro: «Il Vietnam si avvia a sperimentare gli stessi problemi che la Cina sta ora affrontando, come la difficoltà per gli uomini di trovare una moglie, ma anche un incremento della prostituzione e del traffico di donne gestito da reti locali e internazionali».

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