
Luigina Brustolin, morta il 7 febbraio - Ansa
«Luigina? Le stringevo la mano e le chiedevo di fare altrettanto, guardandola negli occhi, per cogliere un momento di consapevolezza. E le tante volte che mi sentivo rispondere con una stretta di mano, mi commuovevo immaginando che mia cugina capisse l’affetto che le portavo. Ma non so se era solo una mia illusione, un’interpretazione ostinata del suo sguardo. Sì, perché gli occhi li apriva, ma non abbiamo mai saputo se ci guardava per davvero: io, ma prima ancora la mamma, la sorella, il fratello, che l’hanno accompagnata per 33 anni. Nel silenzio, ma con tanto amore». La testimonianza ad Avvenire è di Rosanna Brustolin, di Vidor, nel Trevigiano, la cugina di Luigina Brustolin, 60 anni, di cui ieri, a Colbertaldo, è stato celebrato il rito funebre.
Luigina è morta dopo oltre 33 anni di coma, drammatica conseguenza di un incidente stradale avvenuto il 23 maggio 1992 lungo la strada Feltrina, nel vicino paese di Pederobba. La figlia Sara, 18 mesi, che la mamma trasportava in auto, è morta dopo qualche tempo e lei, Luigina, ha riportato un grave trauma cranico che l’ha trascinata in quello stato misterioso da cui non si è più risvegliata. Aveva solo 27 anni, Luigina, e la mamma se l’è tenuta in casa, sostenuta dagli altri due figli, Mara e Loris. Per ben 17 anni. Poi è stata trasferita al Centro Servizi Opere Pie Onigo di Pederobba. «La mamma era sfinita, i fratelli pure – racconta la cugina –, ma anche in istituto Luigina riceveva le visite di familiari e parenti quasi tutti i giorni. Le hanno pensate tutte per accompagnarla in una vita dignitosa. Sapevano che non sarebbe guarita ma non volevano abbandonarla. E nel silenzio ci siamo tutti dati da fare. E sa perché? Luigina, quando la chiamavamo, apriva i suoi occhi brillanti. Non sapevamo se riusciva a capire. Ma tanto ci bastava. Quello sguardo riempiva di affetto anche la nostra vita».
Un cuore molto forte, quello di Luigina, ma un respiro sempre più fragile, per cui dall’estate scorsa veniva ripetutamente trasferita per qualche settimana in ospedale per essere “aspirata”. E così è accaduto anche la settimana scorsa, quando è deceduta la sera del 7 febbraio, al San Camillo di Treviso. Ieri la chiesa di Colbertaldo, incastonata nelle colline protette dall’Unesco, si è riempita di tutti coloro che hanno voluto bene a Luigina. «Gesù aveva promesso: vado a preparavi un posto. La sua Parola è vera Luce e solo questa Luce, proprio nel buio più fitto – ha detto il celebrante, don Francesco Salton – ci aiuta a vedere lontano, fino alle stelle e anche oltre, là dove è volata Luigina. In questo momento lei insieme alla sua bambina sono due stelle che brillano nel firmamento». Poco prima il sacerdote aveva detto che «siamo qui a vivere il dolore dentro la storia personale di Luigino. È il dolore che ha provato e vissuto la Madonna per suo Figlio». Aggiungendo: «Quando a concludere la sua vita terrena è una persona come Luigina per il credente si entra nel mistero tutto cristiano della croce e di quell’Amore fra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, fra le tre persone trinitarie che sono “un solo Dio”, in cui la croce stessa del Figlio è iscritta e che nasconde, ma anche ci dona, il segreto della vera Vita». «Quest’amore trinitario – confida la cugina – mi è parso di coglierlo proprio nella famiglia che si è presa cura di Luigina senza forzature, con la più naturale disponibilità familiare, spesso nel nascondimento. E senza mai lamentarsi. Anzi, il fratello Loris traguardava la pensione proprio per poterle essere ancora più vicino. Sognava di portarla in auto al mare. Lei, la Luigina, che era così solare».