L'Ospedale Niguarda a Milano, centro di riferimento nella dialisi domiciliare
Quando si soffre di una malattia invalidante si cercano soluzioni che possano ridurre i problemi, magari migliorando l’esito delle cure. È ciò che è accaduto quando mia moglie nel 2013, a causa dell’aggravamento della sua malattia nefropatica, è giunta alla necessità di sottoporsi con regolarità alla terapia dialitica. Ho svolto un’inchiesta sull’offerta di forme di cura di dialisi domiciliare, che ha coinvolto Aziende sanitarie locali e ospedali di tutto il Paese, e dalla quale emergono le vie da percorrere nel nostro Paese per migliorare le condizioni di salute dei pazienti nefropatici, risparmiando sulla spesa pubblica.
Nel 2013 mia moglie ha iniziato a dializzare in ospedale in quanto per problemi di salute non le era possibile praticare la dialisi domiciliare peritoneale. Anche a chi esegue tale metodica di dialisi può capitare di dovere rinunciarvi, dopo un certo tempo, per l’insorgere di problemi al peritoneo che la rendono non più praticabile. Dopo alcuni anni di emodialisi ospedaliera, chiacchierando con un’infermiera, mia moglie venne a sapere che esisteva la possibilità di effettuare l’emodialisi presso il proprio domicilio. Dopo questa “scoperta” prenotammo una visita con la nefrologa di riferimento dell’Ospedale Niguarda di Milano, Chiara Brunati, che ci illustrò vantaggi e difficoltà connesse con l’emodialisi domiciliare che l’Ospedale Niguarda, centro di eccellenza in tale metodica, offre come possibilità terapeutica ai suoi pazienti.
Fu così che dal 2017, dopo alcune settimane di addestramento di mia moglie e mia (come suo caregiver), iniziammo a praticare a casa l’emodialisi frequente, che eseguiamo con soddisfazione tuttora. Mia moglie, grazie a questa nuova terapia, ha avuto un netto miglioramento, soprattutto della sua situazione cardiologica. Che tale metodica terapeutica offra buoni esiti sulla salute complessiva del paziente è evidenziato in varie ricerche scientifiche, anche internazionali. Allora perché l’emodialisi domiciliare frequente ha una così scarsa diffusione in Italia? Visto l’ottimo esito di questa metodica, che avevamo potuto constatare di persona, ci siamo posti il problema di come favorirne la diffusione. Per far circolare informazioni mia moglie ha predisposto il gruppo Facebook «Emodialisi domiciliare: questa sconosciuta!» (tinyurl.com/56h3tt4p) dove personale medico e pazienti si scambiano informazioni e suggerimenti. Nella fase acuta del Covid in varie testate online sono stati pubblicati alcuni miei articoli sulla necessità di incrementare la diffusione dell’emodialisi domiciliare frequente come metodica che permetteva di mantenere il distanziamento e garantire la sicurezza dei pazienti nefropatici.
La scarsità di informazioni ha originato il desiderio di effettuare una mappatura dell’offerta esistente delle diverse metodiche di dialisi domiciliare offerte dai Centri dialisi sul territorio nazionale. Abbiamo effettuato un’ampia raccolta di dati inviando un questionario con 170 messaggi di posta elettronica certificata alle Aziende sanitarie locali e agli ospedali di tutto il Paese (la ricerca sarà pubblicata nel numero 2/2022 della rivista universitaria Quaderni di Comunità. Persone, Educazione e Welfare nella società 5.0. Il dato che emerge chiarissimo è che, comparando Italia e Francia, la metodica di cui è urgente ampliare la diffusione riguarda l’emodialisi domiciliare frequente. Abbiamo confrontato i dati raccolti con quelli tratti dal registro Rein (Epidemiology and Nephrology Information Network) gestito dall’Agenzia di Biomedicina francese, che pubblica annualmente uno specifico Rapporto. Entrambi i Paesi hanno circa 50.000 pazienti nefropatici in emodialisi extracorporea e sono quindi comparabili. Dai dati appare evidente che il ritardo italiano riguarda proprio l’emodialisi domiciliare frequente: l’Italia ha un dato dei pazienti che la eseguono pari a 0,336%, cioè 168 pazienti. In Francia la percentuale è di 1,2% che corrisponde a circa 600 pazienti.
L’urgenza di ampliare la domiciliazione delle cure, dove possibile, è indicata nel «Piano nazionale della cronicità» contenuto nell’Accordo tra Stato, Regioni e Province autonome del 15 settembre 2016. Per ridurre i rischi di contagio da Covid-19 la circolare ministeriale inviata agli assessori alla Salute regionali e a quelli delle Province autonome concludeva invitando «a voler porre in atto idonee iniziative finalizzate a incrementare il ricorso all’emodialisi domiciliare e peritoneale, previo percorso di educazione terapeutica».
Procedere comporta un significativo risparmio nella spesa sanitaria. Bisogna perciò agire incrementando la diffusione della dialisi domiciliare peritoneale e soprattutto dell’emodialisi domiciliare frequente visto che quest’ultima risulta la metodica che è più urgente potenziare per colmare il ritardo accumulato. Se gli effetti sulla salute sono positivi, e si risparmia, perché non procedere alla sua diffusione?