domenica 23 febbraio 2014
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L’escalation di un’ingerenza mai immaginata nell’intimità della vita familiare, e la violazione dei più consolidati diritti di genitori e bambini, hanno raggiunto l’apice con il tentativo di inserire un cuneo tra scuola e famiglia, imponendo l’ideologia di gender e i suoi inquietanti stereotipi. È un tentativo contrario ai capisaldi della legislazione internazionale sui diritti umani, perpetrato fuori dei legittimi canali istituzionali, da soggetti terzi, nelle pieghe di una burocrazia invasiva che a tratti s’ispira a principi mai introdotti nel nostro ordinamento.
 
Si è parlato più volte dell’eliminazione dai moduli scolastici dei concetti di padre e madre, che sembra estendersi fra decisioni e ripensamenti a enti e organi amministrativi. Ma la stampa (Avvenire anzitutto, poi il Corriere della sera e altri quotidiani) ha registrato con incredulità le iniziative dell’Unar per diffondere nelle scuole opuscoli che rovesciano i principi educativi elementari, impongono visioni partigiane della sessualità, aggrediscono opinioni religiose che sostengono la centralità del rapporto uomo-donna e della famiglia nella formazione delle nuove generazioni. Quasi un progetto alternativo che stravolge l’alfabeto dei rapporti sociali.
 
Qualcuno, superando il grottesco, vuole insinuarsi nei momenti più intimi della vita familiare, quando i genitori sussurrano e raccontano ai bambini fiabe e allegorie, che parlano di tutto, del mondo della natura, di animali, principi e principesse, entità fantasiose, per accostare la mente dei più piccoli al mondo ricco e complesso che li attende. Si cerca di intromettersi in quegli attimi speciali del rapporto tra figli e genitori, nei quali affiorano i primi sentimenti e pulsioni psicologiche (che si ricorderanno per tutta la vita), e il bambino avverte che il papà e la mamma sono lì per aiutarlo a crescere, affrontare le cose belle e brutte della vita. Sono piccoli momenti magici, in cui si accompagna e si coltiva la fantasia dei più piccoli, al punto che a volte i genitori, i nonni, gli zii, le favole se le inventano, le adattano e le recitano al bambino: proprio qui cerca d’insinuarsi una specie di dottor Stranamore dell’antropologia per offuscare, deformare, quanto di bello e spontaneo nasce e cresce nel linguaggio che unisce genitori e figli.
 
L’obiettivo è inquietante: qualcuno vuole istituire un tribunale che definisca un indice delle favole proibite, colpire autori che dall’antichità hanno dato alle narrazioni per l’infanzia la dignità di un genere letterario delicato e affascinante, sostituirsi ai genitori e raccontare favole sessuate sin dalle prime classi di scuola. Si finge di ignorare che, così facendo, si contraddicono pesantemente le Carte internazionali che hanno proclamato i diritti della famiglia, limitato l’intervento dello Stato, che non può entrare nell’intimità dell’educazione domestica. Uno dei principi cardine delle Carte internazionali tutela il diritto dei figli di essere educati da padre e madre, «i quali hanno una responsabilità comune per quanto riguarda l’educazione del fanciullo ed il provvedere al suo sviluppo» (art. 18 della Convenzione internazionale sui diritti del fanciullo, 1989). Per evitare equivoci, la Convenzione europea per i diritti dell’uomo (1950) prevede nel Prot. n. 1 che «lo Stato, nell’esercizio delle funzioni che assume nel campo dell’educazione e dell’insegnamento deve rispettare il diritto dei genitori di provvedere a tale educazione e tale insegnamento secondo le loro convinzioni religiose e filosofiche».
 
Quanto avviene in Italia in questo periodo, in parte già realizzato in alcuni Paesi, delinea un drammatico progetto di erosione, e cancellazione, dei diritti dei bambini (e dei genitori): a volte con leggi che lacerano il tessuto dei rapporti più belli che la realtà naturale consegna a ciascuno di noi, altre volte in modo del tutto illegittimo, si viola il nucleo più riservato del rapporto tra padre, madre, bambino, che nessuno aveva mai pensato di intaccare. Dalle parole di papà e mamma, alla fede religiosa della famiglia, fino alle favole per bambini, c’è qualcosa di oscuro che cerca di penetrare, per inquinarla, nell’intimità più preziosa dell’esperienza familiare. In un altro Paese, il Belgio, la legge ha decretato che i minori possono morire, in qualsiasi età, quando sono di fronte al dolore. Non propone di curare e alleviare con ogni mezzo la malattia e il dolore, circondare d’affetto i piccoli sofferenti: no, decide che possono essere eliminati con il consenso dei genitori, della stessa vittima.
 
È un’altra storia, che sta ferendo l’anima dell’Europa, e si può accostare alla prima perché spinge a una considerazione: è davvero importante impegnarsi, lavorare insieme, senza confini di fede, cultura e tradizione, per difendere i bambini da chi vuole colpirne l’innocenza, la fantasia, addirittura la vita.
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