L’Istituto Superiore di sanità ha appena pubblicato il testo completo delle Linea guida sulla diagnosi e il trattamento del disturbo dello spettro autistico in bambini e adolescenti, che include 27 raccomandazioni e un’indicazione di buona pratica clinica formulate da esperti e familiari sulla base della letteratura più aggiornata, un testo corroborato anche dalla loro esperienza professionale e personale. Inoltre il documento contiene raccomandazioni relative agli interventi diagnostici – che non erano regolati dalle Linee guida precedenti – e terapeutici, sia farmacologici sia abilitativi e riabilitativi, da implementare nella pratica clinica.
«Ora gli interventi raccomandati saranno pienamente esigibili e potranno essere integrati tra di loro, se ritenuto appropriato dal clinico, all’interno di un progetto terapeutico complessivo che tenga conto delle caratteristiche specifiche di ogni bambino e adolescente, della sua età, del suo profilo di funzionamento e del suo contesto di vita. Lo sviluppo di raccomandazioni diagnostiche, la partecipazione degli stakeholder, dalle associazioni di pazienti alle società scientifiche, e l’adozione di un metodo rigoroso che tiene conto degli aspetti di contesto sono elementi di grande novità rispetto a quanto sinora disponibile per le istituzioni e l’intera comunità», sottolinea Maria Luisa Scattoni, coordinatrice dell’Osservatorio nazionale Autismo e del Comitato tecnico scientifico per l’elaborazione delle Linee guida, dirette a tutti i professionisti sanitari e sociosanitari coinvolti nella diagnosi e presa in carico delle persone nello spettro autistico.
Membro del panel che ha sviluppato le Linee guida, il neuropsichiatra infantile Massimo Molteni, direttore sanitario de “La Nostra Famiglia” che comprende in Italia 27 centri di riabilitazione per l’età evolutiva, evidenzia «la necessità di personalizzare la cornice terapeutica e predisporre iniziative formative sulle metodologie di intervento, che deve essere effettuato da professionisti specializzati all’interno di un progetto complessivo che abbracci le caratteristiche specifiche di ogni paziente: età, profilo di funzionamento, contesto di implementazione educativo, sanitario, domestico».
Anche i genitori «devono essere fiancheggiati per trasferire loro competenze e poter continuare a casa ciò che fa l’operatore durante le terapie. Questi interventi personalizzati in base alla gravità e all’età del soggetto, di natura comportamentale o cognitiva, producono miglioramenti nel funzionamento del bambino, anche se manca una prova sui benefici raggiunti correlati a un maggior numero di ore di trattamento settimanale. Esiste però un trend di correlazione fra intensità dell’intervento e curve evolutive di miglioramento, anche se la letteratura scientifica non ha dati che lo dimostrino».
È certa, invece, la necessità di un cambio nell’organizzazione «della medicina territoriale, della rete che deve includere non solo le famiglie ma anche la scuola e suoi contesti, per un modello adeguato alla complessità della gestione di un bambino come autismo che può avere anche altre problematiche. Una sfida enorme e urgente, perché si conta almeno un caso di autismo ogni 80: in Lombardia ne registriamo 3 mila ogni anno e la maggioranza dovrà essere seguita per tutta la vita».