L’Agenzia europea per i farmaci (Ema) ha respinto la richiesta di autorizzazione a commercializzare l’Aducanumab, farmaco sviluppato dall’americana Biogen con la giapponese Eisai e noto col nome di Aduhelm per trattare le fasi iniziali dell’Alzheimer. Accolto con grandi aspettative in quanto primo preparato al mondo per curare le forme di declino cognitivo, il farmaco era stato autorizzato in luglio dalla Fda statunitense per il mercato americano, una decisione però finita subito sotto la lente delle autorità Usa che sospettano irregolarità nella procedura. La domanda per commercializzare in Europa il farmaco – che si somministra per via endovenosa e che ridurrebbe le placche di beta-amiloide, predittore di una riduzione del declino clinico – includeva i dati di un programma di sviluppo clinico con dati su 3.600 pazienti di oltre 20 Paesi nel mondo. Biogen ha annunciato l’intenzione di chiedere il riesame della decisione negativa. Ema ha osservato che non è certo il legame tra Aduhelm e la riduzione di beta-amiloide nel cervello decidendo per la bocciatura.
Amaro il commento di Patrizia Spadin, presidente dell’Associazione italiana malattia di Alzheimer (Aima): «Si sta creando una situazione di grave discriminazione tra i malati in Europa e negli Stati Uniti. Per vent’anni i pazienti e le loro famiglie hanno atteso un farmaco che riaccendesse la speranza di poter debellare la malattia. La decisione di Ema è un colpo durissimo e sembra non lasciare spiragli ai malati di domani. Oggi in Italia ci sono oltre un milione di persone affette da demenza. Di queste, circa la metà soffrono di demenza di Alzheimer. E di questo ultimo gruppo, le persone nelle fasi iniziali di malattia, con declino cognitivo lieve e demenza lieve, potrebbero usufruire del nuovo trattamento a patto che la diagnosi sia precoce». Spadin auspica che nella legge di bilancio in discussione nel Parlamento «aumenti considerevolmente la dotazione del Fondo per la demenza destinato alle Regioni. Il Fondo va destinato a interventi di politica sanitaria incentrata proprio sulla diagnosi precoce della malattia» anche se «la decisione dell’Ema rischia di disincentivare questo approccio». La presidente di Aima infine rivolge «un appello alle Regioni affinché continuino a innovare le politiche sanitarie locali, cogliendo l’occasione per iniziare a investire su un nuovo modo di gestire la malattia».